Davvero gli smart glass sostituiranno gli smartphone? Uno scenario
Molti addetti ai lavori sono convinti che la realtà aumentata manderà in pensione i telefoni. Ma c'è più di un motivo per preoccuparsi. Un articolo di Business Insider

I Google Glass sono stati uno dei flop più clamorosi della storia recente della Silicon Valley. La ragione principale del fallimento è abbastanza semplice: lo sviluppo della realtà aumentata è ancora ai primordi, e lo smart phone risulta al momento lo strumento più pratico per accedere ai contenuti.
Ma la prossima grande rivoluzione tecnologica sarà quella e in molti giurano che tra dieci anni gli "smart glasses" diventeranno i nuovi smartphone. Per i più ottimisti - come il Ceo di Magic Leap, Rony Abovitz - addirittura rimpiazzeranno "i vostri telefoni, le vostre televisioni, i vostri laptop, i vostri tablet".
Abovitz non è l'unico a condividere questo ottimismo. Lo scorso anno Mark Zuckerberg dichiarò che la realtà aumentata - ovvero la sovrapposizione di immagini digitali su quello che vediamo nel mondo fisico (l'esempio più semplice per chi non ha bene idea di cosa stiamo parlando è Pokemon Go) - aveva le potenzialità di sostituire tutto quello che ha uno schermo.
Per il numero uno di Microsoft, Satya Nadella, gli occhiali smart saranno invece "il computer definitivo", per quanto le HoloLens prodotte dal colosso Redmond siano un prodotto ancora primordiale se confrontato con quanto questa tecnologia promette. Addirittura c'è chi sostiene che risolverebbero il problema della "dipendenza da smartphone", dato che - dovendo indossare degli occhiali per accedere a internet - navigheremo di meno e in maniera più proficua.
Eppure c'è più di un motivo per essere da una parte scettici e dall'altra preoccupati. Un'interessante riflessione in proposito è stata pubblicata da Matt Weinberger su Business Insider.
Il nodo delle fake news
"Se l'idea è grandiosa e la tecnologia impressionante, temo che, come società, non siamo pronti per computer sempre accesi che pompano informazione il più vicino possibile ai nostri cervelli", sottolinea Weinberger, "in primo luogo la questione più ovvia: Facebook e Google sono al momento nel mirino per la diffusione di informazioni false.
Certo, entrambe le aziende stanno prendendo provvedimenti ma i malintenzionati trovano ogni maniera per aggirarli. Ci sono tantissime persone che hanno fatto pesanti investimenti nella diffusione di cattiva informazione tramite il sistema che abbiamo già in campo. Se indossi un paio di occhiali smart, stai cedendo una certa parte del controllo dei tuoi sensi a un computer. Già è abbastanza negativo non poter sempre credere a un articolo di notizie pubblicato in buona fede da un ex compagno di classe.
Ora dovremo chiederci che succede quando truffatori o malintenzionati troveranno il modo di somministrare roba falsa direttamente nelle nostre palle degli occhi". Esistono già molti espedienti per confondere un visore digitale. Immaginiamoci, ad esempio, quanto potrebbero diventare truffaldini certi annunci di vendita.
La "minaccia esistenziale" dell'algoritmo
"Poi c'è una minaccia più esistenziale", prosegue l'articolo, "la dipendenza delle grandi compagnie tecnologiche dall'onnipotente algoritmo. Ci fidiamo del fatto che Facebook, Twitter e Google ci presentino il materiale più importante e interessante per noi prima di tutto perché non abbiamo scelta: è così che operano. Negli ultimi anni, però, abbiamo visto che l'algoritmo può essere aggirato, con figure imprenditoriali che trovano modi per far sì che i loro video di bassa qualità siano sempre in alto in bacheca. Ancora: queste aziende ci stanno chiedendo di cedere il controllo dei nostri sensi a un computer con questi smart glasses. Se, oggi, una controparte esperta e senza scrupoli può trovare il modo di farci vedere un video che non vogliamo vedere, immaginatevi cosa potrà succedere quando gli stessi principi verranno applicati a quello che vediamo nella vita di tutti i giorni".
"In altre parole", conclude Weinberger, "ci stiamo fidando di un sistema imperfetto perché stabilisca la graduatoria delle informazioni nelle nostre vite e, presto, nei nostri sensi. Non sto dicendo che questi problemi siano insormontabili e sono fiducioso che nei prossimi dieci anni le soluzioni si presenteranno da sole. Ma il tempo sta scadendo e quello che oggi è un incontrollabile imbarazzo morale è destinato a diventare l'incubo postmoderno di domani".
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