Monaco di Baviera - Nei pazienti con diabete tipo 2, un tessuto adiposo "mal funzionante" porta ad accumulare grasso in sedi diverse da quelle previste come depositi di energia (il grasso sottocutaneo), come ad esempio il fegato. Questa alterazione permette di individuare soggetti con un profilo di rischio metabolico particolarmente sfavorevole. Lo studio e' stato condotto da un ruppo di ricercatori dell'Universita' La Sapienza di Roma e dell'Universita' Campus Biomedico di Roma. I risultati soo stati presentati al meeting annuale dell'European association for the study of diabetes in corso a Monaco di Baviera.
Lo studio, supportato dalla Societa' italiana di diabetologia, ha coinvolto 65 pazienti obesi o in sovrappeso affetti da diabete tipo 2; tutti sono stati sottoposti ad esami per stimare il grado di secrezione insulinica, il grado di resistenza insulinica a livello sistemico e nel tessuto adiposo, quantificazione del grasso sottocutaneo e viscerale, e di quello a livello del fegato e del pancreas attraverso la risonanza magnetica.
"La forza e l'originalita' di questo studio ? ha detto Ilaria Barchetta dell'Universita' La Sapienza di Roma ? consistono nell'aver evidenziato che la presenza di infiammazione del tessuto adiposo, stimabile in maniera indiretta e assolutamente non invasiva attraverso il dosaggio dell'insulina e degli acidi grassi nel sangue, permette di identificare condizioni particolarmente a rischio nelle persone con diabete tipo 2. Avere una disfunzione del tessuto adiposo si associa infatti alla presenza di steatosi epatica (fegato grasso), che e' un fattore di rischio cardiovascolare, ad un esordio piu' precoce del diabete, ad un grado piu' marcato di insulina-resistenza e infiammazione sistemica. Oltre a rappresentare uno strumento semplice e non invasivo di stratificazione del rischio nelle persone con diabete, la disfunzione del tessuto adiposo potrebbe costituire un punto di partenza per nuovi approcci terapeutici del diabete". (AGI)