Migrantes: 'cervello in fuga' a Copenaghen tra Big Data e burrate

Migrantes: 'cervello in fuga' a Copenaghen tra Big Data e burrate

Roma - "Dei miei amici, di quelli che hanno iniziato con me (io mi sono laureato quadriennale nel 2002), sono l'unico che adesso ha un posto relativamente stabile. Gli altri vivono forme piu' o meno stressanti di precariato". Luca Rossi e' originario di Cesena ed ora e' professore associato a Copenaghen dove insegna Digital Media & Communication e Network Society. La sua e' una storia esemplare. "Ero ricercatore a tempo determinato a Urbino le prospettive alla fine del contratto erano quelle che erano, e stavo da un po' valutando l'idea di andare via. E' uscito un posto alla IT University (che conoscevo da prima essendoci stato per conferenze), ho fatto domanda e mi hanno preso. Dopo i tre anni di assistant professor e' uscito un posto da associate (che e' a tempo indeterminato), ho partecipato ed ho vinto. Ora si e' trasferita a Copenaghen anche mia moglie, abbiamo comprato casa e ci viviamo questa citta' bellissima in cui c'e' una grande comunita' italiana".

Una comunita' che, stando ai dati di Migrantes sembra destinata a crescere. "Negli ultimi anni - spiega all'Agi - e' cresciuta tantissimo nonostante la Danimarca non sia il paese piu' semplice dove emigrare: e' un paese costoso se non si ha un lavoro e se e' vero che tutti parlano inglese i lavori che si possono fare in inglese sono pochi e di solito a professionalizzazione medio-alta quindi diciamo che non e' che uno viene a Copenaghen e cerca qualcosa da fare cioe' si puo' fare, ma secondo me non e' una buona idea". "La mia sensazione e' che sia comunque emigrazione di livello medio alto, che lavora in multinazionali o cose del genere. Poi c'e' molta ristorazione e ultimamente anche alcuni produttori di cibo che fanno cose italiane in Danimarca: per esempio c'e' un buonissimo caseificio italiano che ha aperto da non poco a Copenaghen e fa mozzarelle, burrate, altri formaggi fatti con ottimo latte danese, che le mucche non stanno mica solo in Italia". Al di la' di questi casi, comunque la sensazione e' netta. "Ad andarsene sono essenzialmente gli universitari e la cosa e' molto semplice, in Italia l'universita' e' sottoposta ad un ridimensionamento tale da non permettere di lavorare. se vuoi fare questo lavoro, e magari sei anche bravo, andare all'estero non e' un'opzione e' spesso l'unica strada". (AGI)