Presto dai call center potrebbe risponderci una macchina

È una delle possibili applicazioni di Google Duplex, la tecnologia di Mountain View che permette a un software di conversare. E alcune grandi aziende la starebbero già sperimentando

Presto dai call center potrebbe risponderci una macchina

Il momento in cui chiameremo un'azienda, alzerà la cornetta un call center e risponderà un software è molto più vicino di quanto pensassimo. O almeno è questo l'indizio che arriva da un rivelazione di The Information. “Alcune grandi società” stanno testando Duplex, la tecnologia di Google che permette a una macchina di conversare con gli umani, dando l'impressione di essere (fin troppo) umano.

Chi vuole Duplex

In particolare, “un'importante compagnia assicurativa”, afferma una fonte coinvolta nel progetto, sta esplorando diversi modi per utilizzare Duplex, compreso il lavoro nei call center. L'intelligenza artificiale smazzerebbe le telefonate più semplici e ripetitive, passando la mano a un lavoratore in caso di maggiore complessità. C'è però un problema. E non è tanto tecnico quanto etico e (in parte) legato alla reputazione di chi adotterebbe la soluzione. La risonanza avuta da Duplex e le preoccupazioni emerse su un suo utilizzo avrebbero infatti rallentato i test. Forse in attesa che il polverone si posi.

Tra entusiamo e proteste

Quando il ceo di Google Sundar Pichai ha presentato la tecnologia, durante la conferenza degli sviluppatori, la prima reazione è stata di entusiasmo. Le due telefonate in cui Duplex interagiva con un cliente per prenotare un tavolo al ristorante e un appuntamento dal parrucchiere avevano messo in mostra una voce naturale, per nulla robotica, e un modo di esprimersi umano, costruito anche con l'artificio di alcuni intercalare non necessari, come “aaah” e “mmm”. Dopo aver chiuso la bocca per lo stupore, è subentrata la preoccupazione. Da una parte per i lavoratori che, con tutta probabilità, avrebbero perso il proprio posto. Dall'altra il tema della trasparenza: alcuni osservatori avevano definito “orripilante” l'idea di non poter distinguere tra uomo e macchina. La reazione è stata talmente forte da spingere Google a replicare. In una nota aveva affermato di “comprendere” il problema e di impegnarsi per costruire “meccanismi di trasparenza incorporati” che “identifichino in modo appropriato” l'intelligenza artificiale. In altre parole: Duplex dirà ai suoi interlocutori che è un software, senza bocca e orecchie.

Quando arriverà?

I temi etici e occupazionali sono ancora lì, intatti. E anche se “rallentati”, sono lì anche i test. Alla fine di giungo, Google aveva già detto che avrebbe avviato le sperimentazioni con piccoli gruppi di collaudatori. Siamo ancora ai primissimi passi. L'orizzonte non è immediato, ma neppure distante. Prima che sia un software ad alzare il telefono, spiega la fonte di The Information, potrebbero essere necessari “mesi, se non di più”. Cioè, praticamente, sarà una realtà dopodomani. Di sicuro l'interesse delle aziende è carburante per una potenziale accelerazioni.

Google non è sola

Google Duplex non si ferma. Non può farlo: è in compagnia e ha l'esigenza di prendere posizione in un mercato in grande espansione. Secondo le stime di MarketsandMarkets, i call center basati su cloud varranno 20,9 miliardi di dollari entro il 2022. Lo scorso anno ne valevano 6,8. Ecco perché in fila ci sono, tra gli altri, Amazon (con la sua intelligenza artificiale, Alexa), Ibm, Cisco. Microsoft ha svelato qualcosa di molto simile a Duplex a fine di maggio. Prima in un evento a Londra e poi durante la conferenza francese VivaTech: Xiaoice è un assistente digitale in grado di fare chiamate vocali con gli umani. E in Cina (unico Paese dov'è disponibile) è già attivo. In altre parole: Google non è sola, anche se Duplex ha fatto più trambusto dei suoi colleghi.



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