Tecnologie digitali per la sicurezza: un'equazione ad "alto gradimento". Gli italiani sono pronti a sottrarre anche qualcosa alla loro privacy pur di sentirsi più protetti. Il dato è contenuto nel primo Diario dell'innovazione Agi-Censis "Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale" presentato al Maxxi di Roma in occasione dell'#internetday.
"Le preoccupazioni per la micro-criminalità, reale o percepita che sia, e la minaccia del terrorismo che randomizza sempre più la sua azione, stanno spostando decisamente il pendolo tra libertà e sicurezza verso quest'ultima", si legge nel rapporto. Il 40,8% degli italiani valuta positivamente la penetrazione in ambito urbano delle tecnologie che consentono un maggior controllo sulla vita collettiva. Inoltre, il 43,8% dichiara di adattarsi volentieri a un maggior controllo, a patto che questo coincida con una maggior sicurezza. Queste posizioni si amplificano tra la componente più anziana della popolazione. Paventa una possibile riduzione della libertà individuale solamente il 15,4% degli italiani (che tuttavia superano il 20% considerando esclusivamente le giovani generazioni).
Il controverso legame tra tecnologia e democrazia
L'altro aspetto su cui l'indagine offre delle risposte riguarda la questione del legame tra le tecnologie digitali e i processi democratici. Al riguardo le posizioni sono meno nette: il 36,7% degli italiani è convinto che si determinerà una sinergia positiva grazie ad un più agevole e più diffuso accesso alle informazioni. Un ulteriore 34,0% di cittadini ritiene che i processi democratici non saranno influenzati più di tanto dalle nuove tecnologie. C'e' però anche "un'area della preoccupazione" rappresentata da coloro (il 29,3% del totale) che ritengono possa aumentare l'esclusione da alcuni processi di rappresentanza democratica per le fasce di popolazione non in grado di utilizzare le nuove tecnologie o non raggiunte concretamente da quest'ultime.
"Più spazio per le startup"
Gli italiani chiedono inoltre più spazio per le startup e un rinnovamento della Pubblica amministrazione con lo sblocco del turn over contro la disoccupazione dei giovani. "Per fronteggiare il problema della disoccupazione giovanile gli italiani, e le giovani generazioni soprattutto, richiedono uno scatto di protagonismo e un impegno diretto molto concreto dei soggetti pubblici con poteri decisionali. Due - si legge - sono gli assi di intervento che vengono individuati tra quelli da presidiare: da un lato, il rinnovamento della Pubblica amministrazione attraverso uno sblocco del turn over (29,9% del totale delle risposte), dall'altro, il sostegno alle forme più avanzate di imprenditoria giovanile (le start up innovative), pari al 27,9%. Minori consensi ricevono tutte quelle modalità di azione che puntano a rafforzare il capitale umano (formazione in campo scientifico, competenze digitali, ecc.), o a rinnovare le politiche attive per il lavoro (potenziamento dei centri per l'impiego, apprendistato, programmi di studio all'estero, ecc.
Il reddito di cittadinanza non convince
Il reddito di cittadinanza come arma per combattere la disoccupazione non convince invece gli italiani: solo 1 su 5 è a favore della sua introduzione, emerge ancora dal rapporto. "Modalità di intervento di natura socio-assistenziale come il reddito di cittadinanza, sia pure collegate a percorsi formativi obbligatori, raccolgono al momento consensi limitati sia tra i giovani (19,6%) che nel corpo sociale nel suo complesso (18,8%)", si legge nello studio.
Più della metà del Paese vuole la web tax
Più della metà della popolazione (55%) dice poi sì alla web tax, la tassa sui profitti generati nel nostro Paese dai grandi di internet. Ma si avverte anche (tema sentito soprattutto tra i giovani) di fare attenzione a eventuali ricadute finali sugli utenti. In un contesto in cui i grandi operatori della web economy (quelli che mettono in contatto domanda e offerta di beni e servizi basati su internet) sono sempre più dematerializzati e delocalizzati, si legge nel report, da più parti si sostiene che non sia accettabile che si dematerializzino e delocalizzino (nei paradisi fiscali) anche i ricavi generati. Più della metà della popolazione italiana concorda nel ritenere opportuna una legge in grado di tassare i profitti generati in Italia dai piu' grandi soggetti web (Google, Facebook, E.Bay, Amazon, AirBnB, ecc.) con sede legale in Paesi a fiscalità privilegiata.
Nel complesso sembra dunque che la volontà del governo italiano di proporre un simile provvedimento agli altri Paesi dell'Ue durante il prossimo G7 delle Finanze in programma a Bari dall'11 al 13 maggio 2017 "goda dei consensi della maggior parte degli italiani. Bisogna però considerare - spiega il Diario dell'Innovazione - che il 27,6% degli intervistati ritiene che la questione non possa o non vada affrontata a livello nazionale ma che vada demandata a un livello sovranazionale come l'Unione Europea. Inoltre, bisogna registrare anche la posizione - minoritaria nel Paese ma maggiormente sentita dalle giovani generazioni (27,5%) - di chi pensa che una legge del genere possa rivelarsi dannosa riverberandosi sui costi dei servizi web per l'utente finale