Uber avrebbe rubato a Google la tecnologia per le auto che si guidano da sole che la popolare app per la mobilità sta sperimentando in Arizona. E ad aver consegnato a Uber il brevetto targato Mountain View sarebbe proprio un ex dipendente del colosso della Silicon Valley. Questa l’accusa che ha portato Alphabet, casa madre del motore di ricerca più usato al mondo, a denunciare presso la corte federale di San Francisco alcuni dipendenti di Uber, tra i quali Anthony Levandowski, che nel gennaio 2016 aveva lasciato Waymo, la divisione di Alphabet al lavoro da quasi otto anni sulle “self-driving cars, per fondare una sua startup, Otto, che puntava a sviluppare furgoni che si guidano da soli. Dopo appena sei mesi, Otto fu comprata da Uber per 680 milioni di dollari. Altri quattro mesi dopo, Uber avviò i suoi test su vetture senza conducente. Sulla base, accusa Google, delle tecnologie che Levandowski avrebbe scaricato dai computer di Waymo.
Secondo Mountain View, ci sono "prove schiaccianti"
“Abbiamo scoperto che, sei settimane prima le sue dimissioni, questo ex dipendente aveva scaricato oltre 14 mila file altamente confidenziali da diversi sistemi hardware di Waymo”, si legge nel comunicato diffuso da Google, “ha scaricato 9,7 gigabyte di file riservati e segreti commerciali, inclusi progetti, file sul design e documenti sui test”. “Abbiamo lavorato con Uber in molte aree, quindi non abbiamo preso questa decisione alla leggera”, aggiunge la nota, “tuttavia, date le prove schiaccianti sul furto della nostra tecnologia, non abbiamo altra scelta se non difendere il nostro investimento e lo sviluppo di questa tecnologia unica”.
Un "furto calcolato" da mezzo miliardo di dollari
Secondo Google, non solo Levandowski avrebbe rubato i segreti industriali di Waymo per sviluppare una sua versione della tecnologia ma avrebbe assunto nella sua startup altri ex dipendenti di Waymo che avevano, a loro volta, prelevato altri file dal sistema dell’azienda. Un “furto calcolato” che avrebbe fruttato a Otto mezzo miliardo di dollari. Google avrebbe scoperto la presunta ruberia grazie alla mail di un cliente, che aveva spedito alla società un documento sulla tecnologia a laser utilizzata da Uber per calcolare la distanza dagli oggetti sul cammino delle auto, convinto che si trattasse di materiale relativo alla tecnologia LiDAR utilizzata da Waymo. “Il suo design somigliava in maniera clamorosa al design unico di LiDAR”, sottolinea l’azienda. “Prendiamo sul serio le accuse rivolte contro i dipendenti di Otto e Uber e approfondiremo la questione con cura”, è la scarna replica di Uber, che non sta esattamente passando un periodo roseo, tra il linciaggio via Twitter dell'ad Travis Kalanick, reo di aver fatto parte del consiglio economico di Donald Trump, le accuse di molestie sessuali di alcune dipendenti nei confronti dei manager e le proteste dei tassisti in Francia e in Italia.