Saviano esagera: la legge punisce già chi rovista nei cassonetti
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Saviano esagera: la legge punisce già chi rovista nei cassonetti
In un duro attacco al Partito Democratico e al Decreto Minniti sulla sicurezza nelle città, accusato di “razzismo e classismo”, Roberto Saviano ha scritto lo scorso 17 marzo su Facebook: «I sindaci, per ripulire i centri storici delle città, avranno il potere di allontanare chiunque venga considerato “indecoroso”, non occorre che sia indagato o che abbia commesso un reato. A queste persone il sindaco potrà applicare un “mini Daspo urbano”. […] Stiamo assistendo alla criminalizzazione dell'uomo anche quando per fame rovista in un cassonetto della spazzatura per prendere ciò che altri hanno buttato via».
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Alle sue critiche ha risposto Emanuele Fiano, deputato del Pd, in un lungo post su Facebook poi ripreso anche dall’Unità. Secondo Fiano, Saviano «non conosce i testi (peraltro non può ancora conoscerli perché non sono ancora stati editati dopo l’approvazione degli emendamenti in aula)» e «convince i suoi lettori di cose non scritte e non votate».
Ma chi ha ragione?
Il decreto, approvato dalla Camera il 16 marzo e che ora dovrà essere votato dal Senato, tocca una vasta gamma di argomenti, dallo spaccio alla prostituzione, dai poteri dei sindaci al coordinamento con le altre istituzioni, dalla vendita di merci contraffatte alla criminalità predatoria, e via dicendo. La critica di Saviano si appunta sulla questione del “decoro” urbano, affrontata dal Capo II del decreto. Leggendo il testo della norma, e visti gli emendamenti approvati (che non cambiano la sostanza), le affermazioni di Saviano sembrano comunque come minimo esagerate, se non proprio scorrette.
In base al decreto legge 20 febbraio 2017 n. 14 (il “Decreto Minniti”) può essere allontanato un soggetto che:
  • “ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione” alle infrastrutture ferroviarie, marittime, aeroportuali, del trasporto locale e alle relative pertinenze. Ma non basta. Tali condotte devono anche essere “in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti”.
Insomma, se ad esempio ci sono bancarelle che restringono troppo l’accesso alla fermata della metro, e la loro presenza viola dei divieti espliciti, le si possono sgomberare.
In base al decreto, poi, lo stesso trattamento è previsto anche per un soggetto che:
  • ponga in essere condotte analoghe in “aree urbane su cui insistono musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico”, ma solo se tali aree sono esplicitamente individuate da regolamenti di polizia urbana.
Infine può essere allontanato anche:
  • chi commette i reati di ubriachezza in luogo pubblico (art 688c.p.) o di atti contrari alla pubblica decenza (art 726 c.p.).
L’ordine di allontanamento, dato per iscritto, è comunque circoscritto al luogo specifico della violazione e ha durata di 48 ore. C’è anche una multa da 100 a 300 euro. Dunque Saviano ha torto quando sostiene che possa essere allontanato “chiunque venga considerato indecoroso”. Serve il duplice requisito di causare una limitazione all’accesso ad aree turistiche (esplicitamente designate da regolamenti) o a infrastrutture di trasporto, e di essere in violazione di un divieto di occupazione o stazionamento.
Come funziona il “mini-Daspo”
È quindi scorretto anche l’esempio del povero che rovista nei cassonetti della spazzatura. In base al decreto, non potrà essere né multato né allontanato. O almeno, non più di quanto già non accada oggi. Sottrarre oggetti dai cassonetti è infatti a termini di legge un furto, dunque un reato, e come tale può essere perseguito (anche se spesso il buonsenso impedisce che si arrivi a tanto).
Il Decreto Minniti prevede poi una serie di aggravanti. Se il soggetto che è stato allontanato per 48 ore torna sul luogo, la sanzione pecuniaria viene raddoppiata. Se le violazioni vengono ripetute e dalla condotta tenuta può derivare pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre un divieto di accesso, motivato e per un periodo di tempo non superiore ai 6 mesi, alle aree in questione. Il provvedimento deve individuare esplicitamente le aree, nonché “le modalità applicative del divieto compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell'atto”.
Se poi il soggetto che ha commesso le violazioni risulta condannato nel corso degli ultimi cinque anni per reati contro la persona o il patrimonio, con sentenza definitiva o confermata in grado di appello, il divieto di accesso del Questore non può durare meno di sei mesi (e più di due anni).
Dunque anche quando si prevede un divieto di accesso (quello che viene chiamato impropriamente Daspo”, che sarebbe il Divieto di Accedere a manifestazioni Sportive), e non un semplice ordine di allontanamento per 48 ore, la critica di Saviano sembra infondata. Si richiedono infatti violazioni reiterate e che oltretutto causino un pericolo per la sicurezza. Oppure che le commettano soggetti condannati definitivamente o almeno in appello (ben più che semplici indagati).
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