Il dibattito tra Renzi, Orlando ed Emiliano alla prova del fact-checking
Al setaccio le dichiarazioni del confronto in tv

Il 26 aprile, su Sky TG24, è andato in onda il dibattito moderato da Fabio Vitale tra i tre sfidanti alle primarie del Partito Democratico per la carica di segretario: il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, e l’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Vediamo come se la sono cavata i tre candidati alla prova del fact-checking.
Matteo Renzi
1 - Rispondendo a una domanda su Jobs Act e articolo 18, l’ex premier ha dichiarato: “Prima del Jobs Act c’erano 711 mila posti di lavoro in meno”.
Si tratta di un’affermazione inesatta. Secondo i più recenti dati Istat, diffusi lo scorso 3 aprile, in Italia a febbraio 2017 c’erano 22.862.000 occupati. A dicembre 2014, quando furono emanati i principali provvedimenti legislativi del Jobs Act, gli occupati erano 22.422.000.
La differenza è dunque di 440 mila occupati, non di 711 mila. Inoltre si tratta di “occupati”, cioè – in base alla definizione Istat – persone che nella settimana di riferimento “hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura”, e non di “posti di lavoro”.
L’errore di Renzi nasce da un commento del ministro del Lavoro Giuliano Poletti ai dati Istat di febbraio 2017, in cui si dice che “da febbraio 2014 cresce di 716 mila unità il numero degli occupati”: non da quando è arrivato il Jobs Act, dunque, ma dal mese di insediamento del governo Renzi.
2 – A proposito dell’Unione europea Renzi ha dichiarato: “Io la bandiera Ue l’ho tolta perché era il giorno del terremoto e in quel momento mi hanno chiesto lo 0,2 [una correzione ai conti pubblici pari allo 0,2% del Pil ndr.], mentre stavamo scavando tra le macerie”.
Renzi fa una certa confusione con le date e la sua affermazione è parecchio imprecisa. Renzi ha tolto le bandiere dell’Ue nel corso della sua diretta Facebook “Matteorisponde” del 9 novembre 2016, alcuni giorni dopo le scosse di terremoto del 26 e 30 ottobre. Ma soprattutto, la richiesta formale da parte della Commissione europea di una correzione di 0,2 punti percentuali di Pil nei conti pubblici è giunta solo a gennaio 2017.
3 – Rispondendo a una domanda di una sostenitrice di Orlando, Renzi ha ribattuto che “non è vero che ho convocato la segreteria nazionale solo due volte”.
Pur non esistendo un dato aggregato sul numero di volte che è stata convocata la segreteria durante la carica di Renzi, una rapida ricerca dà ragione all’ex premier. Prima di diventare presidente del Consiglio, in qualità di segretario, Renzi aveva infatti già convocato due volte la segreteria: la prima l’11 dicembre 2013 e la seconda a gennaio 2014. Negli anni di Renzi nel doppio incarico di segretario e premier l’organo è stato poi convocato altre volte, ad esempio a settembre 2014, con una nuova composizione, e nel 2015 il 14 gennaio e il 9 luglio.
Andrea Orlando
1 – Il ministro della Giustizia, parlando di economia, ha sostenuto che “l’1% degli italiani detiene il 25% della ricchezza del Paese”. Si tratta di un’affermazione discutibile.
Orlando ha preso il dato dal rapporto Oxfam 2016 che calcola la ricchezza netta, cioè quella al netto dei debiti. Come avevamo già dimostrato, questa metodologia non è particolarmente affidabile, in quanto ad esempio un precario senza reddito a cui nessuna banca concederebbe mai un prestito risulta più ricco di un imprenditore che abbia invece contratto debiti significativi.
2 – Successivamente Orlando ha anche dichiarato: “In Italia ci sono 4-5 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, e 100 mila bambini che sono sotto la soglia di nutrizione minima”.
Il primo dato è corretto. In base all’ultimo rapporto Istat “La povertà in Italia”, pubblicato a luglio 2016 e riferito a dati del 2015, sono 4 milioni e 598 mila gli individui residenti in Italia in condizione di povertà assoluta.
Per quanto riguarda il secondo dato, non è immediatamente chiaro a cosa stia facendo riferimento Orlando. Secondo il Banco alimentare Lombardia, l’associazione che si occupa di redistribuire il cibo ancora buono che altrimenti andrebbe buttato, sarebbero 60 mila nella sola Regione i bambini bisognosi di assistenza alimentare, dunque il dato nazionale potrebbe essere anche più alto di quello citato dal ministro della Giustizia.
In base al già citato rapporto Istat sulla povertà, risulta infatti che 1 milione 131mila minori di 18 anni residenti in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta.
3 – Parlando dei rapporti con la Russia di Putin, Orlando ha dichiarato: “alcune settimane fa la Duma russa ha votato una legge per cui il marito può picchiare la moglie e non è perseguibile penalmente”.
Si tratta di un’affermazione esagerata. Come avevamo già spiegato, la questione è notevolmente più complessa e il provvedimento legislativo russo – con cui si è depenalizzata solo una fattispecie precisa di percosse non gravi – di per sé non è tale da giustificare una simile critica.
Michele Emiliano
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano non ha dato grandissimo lavoro ai fact-checkers. Poche le sue dichiarazioni verificabili. Ha dichiarato ad esempio, a proposito del Jobs Act, che “ha dato un contributo molto relativo solo nella fase in cui c'erano degli sgravi fiscali molto interessanti, poi ha esaurito il suo compito”.
La questione degli effetti del Jobs Act sul mercato del lavoro italiano è molto dibattuta, perché se da un lato c’è stato un aumento dell’occupazione negli anni del governo Renzi, dall’altro non è chiaro quanto di questo aumento sia da imputare al Jobs Act.
Gli sgravi “molto interessanti” di cui parla Emiliano sono quelli che coprivano al 100 per cento per tre anni i contributi dovuti dai datori di lavoro: sono stati in vigore per il 2015, e quell’anno gli occupati a tempo indeterminato sono aumentati di 237 mila. L’anno precedente l’aumento era stato di 45 mila unità. Nel 2016 gli sgravi si sono ridotti molto e l’aumento degli occupati a tempo indeterminato è stato di 108 mila unità.
Sembrerebbe quindi che, con la riduzione degli sgravi fiscali, gli occupati a tempo indeterminato siano aumentati meno. Ma non sappiamo quanti nuovi occupati siano dovuti alle nuove leggi – come l’introduzione del nuovo contratto “a tutele crescenti” – e quanti ad altri fattori, come la ripresa economica. In assenza di studi più approfonditi, meglio sospendere il giudizio.
Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it