Su spread, Monti e Alfano hanno ragione. Durante governo Renzi era più basso

Su spread, Monti e Alfano hanno ragione. Durante governo Renzi era più basso
Crollo Borsa, mercati finanziari (Afp)

Con il differenziale tra i titoli di stato italiani decennali e i Bund tedeschi che è tornato a salire, toccando quota 200, il tema dello spread è tornato di attualità nella politica. L’ex presidente del Consiglio e senatore a vita Mario Monti, ospite di Otto e Mezzo il 7 febbraio, ha risposto a una domanda di Lilli Gruber su quanto sia allarmante la situazione per l’Italia e ha dichiarato: “A differenza di sei anni fa, quando toccò a me, questa volta per la verità sono anche gli altri spread che si alzano un po’, ad esempio quello della Francia rispetto alla Germania, che di solito era incollato, anche quello si è alzato, il che significa che c’è un fenomeno italiano ma forse c’è anche un fenomeno europeo”.

Lo spread nel 2011, da 130 a 574 punti

Vediamo innanzitutto la situazione nel 2011, l’anno in cui lo spread italiano esplose in concomitanza con la caduta del governo Berlusconi e la nomina, a senatore a vita prima e a presidente del Consiglio poi, di Mario Monti. Una premessa: lo spread misura la differenza tra il rendimento dei titoli di stato decennali italiani (BTP a 10 anni) e quelli tedeschi, che fanno da riferimento (Bund), calcolata in “punti base”: a una differenza di rendimento di un punto percentuale (diciamo 3 per cento contro 2 per cento) corrisponde uno spread di 100 punti base. Nel gennaio 2011 lo spread, dopo una piccola risalita, era giunto più o meno ai livelli attuali, poco sotto quota 200. Ad aprile era poi sceso sotto quota 130 e da qui era cominciata la sua corsa verso l’alto. A giugno 2011 viene sorpassata quota 300, a ottobre quota 400 e il 9 novembre si toccò il picco di 574 punti (chiusura a 550).

A dicembre, insediato Monti, il differenziale calò sotto quota 400, per poi risalire di nuovo sopra i 500. I primi mesi del 2012 – fino a marzo – videro una nuova discesa, fin sotto quota 300, e poi una risalita fino a luglio, quando lo spread sorpassò nuovamente i 500 punti. Da quel momento in poi la discesa è stata costante, fino ai minimi di marzo 2015, quando si scese sotto quota 100 punti.

Anche in Francia i titoli decennali (OAT) del debito pubblico, nel 2011, avevano visto impennarsi il loro differenziale coi Bund tedeschi: dai circa 30 punti di aprile fino ai 114 punti di novembre. Lo spread insomma era quasi quadruplicato, nello stesso periodo in cui quadruplicava anche quello italiano. In quei mesi, insomma, Francia e Italia viaggiavano appaiate.

Ma Monti ha ragione quando dice che “da quando toccò a lui” la situazione italiana e quella francese furono profondamente diverse.

Da fine 2011 infatti lo spread italiano continuò a salire e scendere fino a metà luglio, quando cominciò una lenta e costante discesa, che a fine anno lo portò sotto i 300 punti.

Il differenziale tra OAT e Bund, invece, da fine 2011 in poi calò molto rapidamente, riflettendo la discesa del rendimento dei titoli decennali del debito francese da quasi il 4% a meno del 2%. Diversi analisti si interrogarono sui motivi di questo “mistero”, per cui – come scrisse a luglio 2012 Mario Seminerio su Phastidio.net –: “malgrado una congiuntura che peggiora a vista d’occhio, malgrado conti pubblici sempre più deteriorati a causa della crisi, malgrado annunci di manovre correttive […], i titoli di stato francesi sono sugli scudi: le aste vanno benissimo, i rendimenti si muovono di conserva con quelli tedeschi, lo spread sul decennale si è stabilizzato contro Bund intorno a cento punti-base”.

La situazione attuale: lo spread oltre 200 punti

Venendo alla situazione attuale, lo spread italiano è aumentato parecchio – anche se non in modo paragonabile, finora, a quanto successo nel 2011 – a partire dai primi mesi del 2017. Dai 155 punti del 2 gennaio siamo arrivati a superare i 200 punti il 6 febbraio (201,4). Non accadeva dal febbraio 2014.

Anche lo spread francese ha subito una dinamica analoga. Dai 47 punti del 2 gennaio si è arrivati ai 77 del 6 febbraio. Se l’aumento in valore assoluto è superiore per l’Italia (+46 punti contro i +30 degli OAT francesi), l’aumento percentuale è addirittura più pesante per i buoni del debito pubblico francese: +31,7% per i titoli di stato italiani, +63,8% per quelli francesi.

Anche i titoli del debito spagnoli (Bonos) hanno visto di recente aumentare sensibilmente il proprio spread coi Bund tedeschi: dai 108 punti del 12 gennaio si è arrivati ai 140 del 6 febbraio. Un aumento di 32 punti, cioè del 29,6%.

Mario Monti sembra dunque avere ragione quando indica una dinamica europea più vasta per il recente aumento.

Sul tema dello spread è intervenuto anche il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, che il 7 febbraio su La7 ha dichiarato: “mentre c’era Renzi, non c’era lo spread così alto”.

Lo spread col governo Renzi ha oscillato tra 90 e 185 punti

È vero: il giorno dopo l’entrata in carica del governo Renzi, il 23 febbraio 2014, lo spread era a quota 185. È sceso più o meno costantemente fino a marzo 2015 (quando toccò il minimo di 90 punti) e durante quell’anno ha continuato ad oscillare tra i 100 e i 150 punti circa. Fino a fine ottobre 2016, escluso un picco a giugno, è rimasto costantemente sotto i 150 punti, per poi restare tra quota 160 e quota 180 negli ultimi due mesi dell’anno. Quando Renzi si è dimesso, il 5 dicembre 2016, lo spread era a quota 167 punti, meno di quando si insediò quasi tre anni prima, ma con un trend in crescita.

Dopo le dimissioni di Renzi, lo spread è rimasto intorno ai 160 punti fino a fine gennaio, quando c’è stata l’ultima impennata che ha portato il differenziale coi Bund tedeschi a 200.

Dunque Alfano ha ragione nel sostenere che il livello attuale di spread non ci sia mai stato durante gli anni del governo Renzi.