Alessia Morani, deputata del Pd, ha scritto su Twitter il 16 luglio: “Grazie a Minniti sono stati riallocati 12.000 migranti dall’Italia in Europa senza tenerli in ostaggio sulle navi nel Mediterraneo. Al momento questo governo ne ha riallocati 250 sui 4.395 arrivati dal 1 giugno. E gli amici di Salvini in Europa gli sbattono la porta in faccia”.
È un’affermazione con molte informazioni: alcune imprecise, altre corrette.
Il piano ricollocamenti
Morani con le sue parole sembra fare riferimento al programma di ricollocamento dei migranti sbarcati in Italia e in Grecia, votato dal Consiglio dell’Ue nel 2015 e che, nei due anni in cui è stato in vigore, ha in effetti portato alla condivisione a livello europeo di circa 35 mila immigrati, di cui oltre 12 mila dall’Italia. Ma, in questo caso, c’è un errore di attribuzione dei meriti.
Vediamo i dettagli.
Come è nato
Il programma di ricollocamento dei migranti arrivati in Italia e Grecia è stato adottato () con due Decisioni del Consiglio Ue, del 14 e 22 settembre
Dato che si tratta di un provvedimento europeo, il “merito” andrebbe quindi attribuito a tutti gli Stati Ue che lo hanno votato allora, e cioè a tutti i 28 tranne Ungheria, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia, che hanno votato contro, e Finlandia, che si è astenuta.
Ma, anche volendo dare il merito all’Italia per aver convinto gli altri Stati Ue a prendere provvedimenti in materia di immigrazione, questo è avvenuto ben prima che nascesse il governo Gentiloni e Marco Minniti diventasse ministro dell’Interno, carica che ha ricoperto dal 12 dicembre 2016 al primo giugno 2018.
Il merito di quel provvedimento al massimo va attribuito al governo precedente, guidato da Matteo Renzi, quando il ministro dell’Interno era Angelino Alfano.
I risultati
Il numero di 12 mila ricollocati è sostanzialmente corretto, arrotondato per difetto, se si fa riferimento a quel piano. In base alle tabelle della Commissione europea risultano infatti, al 6 luglio 2018, 12.692 migranti ricollocati dall’Italia (e 21.999 dalla Grecia).
Si tratta di un risultato molto al di sotto delle intenzioni iniziali, ottenuto peraltro senza il contributo di alcuni Stati membri – in particolare Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca – che sono stati conseguentemente denunciati dalla Commissione alla Corte di Giustizia Ue.
Il motivo dei numeri relativamente bassi di ricollocati è dipeso in larga parte dalla nazionalità di provenienza dei migranti. Questi, in base alla Decisione del Consiglio Ue del 22 settembre 2015 (art. 3 co.2), dovevano infatti avere una ragionevole possibilità di vedere accolta la loro domanda per accedere al programma, e tale “ragionevolezza” veniva calcolata in base alla media di accoglimento delle domande di asilo per nazionalità, che doveva essere superiore al 75%. Solo siriani, eritrei ed iracheni rientravano in questa percentuale a fine 2015 e tra i richiedenti asilo sbarcati in Italia nel biennio successivi questi sono stati una minoranza.
La percentuale
Morani, mettendo a confronto i risultati del programma ricollocamenti obbligatori con le recenti decisioni (volontarie) di Stati Ue di aiutare l’Italia, parla di numeri assoluti. Ma qual è la situazione se guardiamo alle percentuali?
Il programma di ricollocamento si applica (art. 13 co.3 della Decisione del Consiglio Ue del 22 settembre 2015) alle persone che sono arrivate in Italia e in Grecia a partire dal 25 settembre 2015 e fino al 26 settembre 2017.
Il totale delle persone arrivate in quel periodo ammonta a 308.623. Dunque i 12.692 ricollocati, sul totale, pesano per il 4,1%. (Si può fare il calcolo sommando i dati mensili del Viminale contenuti qui e qui).
I risultati del governo Conte
Terminato il piano ricollocamenti nel settembre 2017, l’Unione europea non è più stata in grado di dotarsi di uno strumento di ripartizione obbligatoria dei migranti arrivati nei Paesi di sbarco.
Di recente, durante il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018, l’opposizione dei Paesi dell’Est Europa, e non solo, ha fatto sì che nelle Conclusioni di quel vertice qualsiasi meccanismo di condivisione dell’onere dell’accoglienza dei migranti sia su base volontaria.
Finora c’è stato un unico caso in cui il governo è riuscito a convincere altri Stati europei – che si muovono appunto in modo volontario, senza alcun obbligo giuridico – a farsi carico di una quota dei migranti sbarcati in Italia: quello dei 450 migranti salvati il 13 luglio dalle navi Monte Sperone, della Finanza, e Protector, di Frontex.
Ad oggi, di quei 450 migranti, hanno dato disponibilità () ad accoglierne 50 a testa la Francia, la Germania, la Spagna, il Portogallo e Malta. Secondo le ultime dichiarazioni del governo, anche l’Irlanda potrebbe accoglierne 20.
Il numero di 250 dato da Morani è dunque aggiornato a prima delle notizie circa la disponibilità di Dublino e risulta quindi leggermente impreciso.
Quanto al totale, è vero che dal primo giugno ad oggi siano sbarcati circa 4.400 migranti. La discrepanza, di poche unità, tra il dato fornito da Morani (4.395) e quello visibile il giorno successivo sul cruscotto statistico del Viminale (4.408) dipende dagli arrivi delle ultime ore.
Se calcoliamo la percentuale, 270 su 4.408 rappresenta il 6,1%: a voler fare il confronto, è un risultato leggermente superiore rispetto a quello ottenuto dal programma ricollocamenti, che come abbiamo visto si è fermato poco sopra il 4 per cento. Anche calcolando la percentuale sui dati che aveva a disposizione Morani (250 su 4.395) il risultato, del 5,7%, è superiore.
Come detto, si tratta di un caso per ora unico – i casi Aquarius e Lifeline si erano infatti risolti con lo sbarco dei migranti in altri Paesi Ue, Spagna e Malta - e la cui ripetibilità nel futuro dipenderà dalla disponibilità degli altri Stati europei ad aderire volontariamente alle richieste dell’Italia.
La percentuale dei ricollocamenti volontari ottenuti dal governo Conte è (relativamente) alta anche grazie al basso numero di sbarchi degli ultimi mesi. Gli arrivi via mare di migranti sono diminuiti drasticamente – questa volta sì – grazie, in larga parte, ai provvedimenti presi dal ministro Minniti nell’estate del 2017.
Gli “amici di Salvini”
Veniamo così all’ultima questione citata da Morani. I Paesi che hanno dato disponibilità ad accogliere i migranti della Protector e della Monte Sperone sono per lo più guidati da governi politicamente lontani da Matteo Salvini: socialisti in Spagna e Portogallo, laburisti a Malta, centristi europeisti in Francia, grande coalizione tra popolari e socialdemocratici in Germania e centristi in Irlanda.
In compenso, le reazioni più dure alle richieste di ricollocamento dei migranti da parte dell’Italia sono venute proprio da quei Paesi guidati da governi nazionalisti e populisti con cui la Lega di Salvini ha le maggiori affinità politiche.
Il primo ministro della Repubblica Ceca, Andrej Babis, descritto come populista, anti-europeista e anti-immigrati, ha scritto su Twitter () che l’approccio proposto dal governo Conte, tramite lettera ai leader europei, di chiedere la condivisione dei migranti è “la strada per l’inferno”. La soluzione, secondo Babis, sarebbe invece il blocco delle partenze.
Una posizione molto simile, e altrettanto ostile alle ragioni dell’Italia, è stata espressa dall’Ungheria di Viktor Orban, altro politico a cui Salvini ha spesso espresso vicinanza. Istvan Hollik, portavoce del gruppo parlamentare del partito di Orban, ha infatti dichiarato: “L’Ungheria non accoglie nessuno. Gli elettori ungheresi si sono espressi chiaramente alle ultime elezioni: non vogliono vivere in un Paese di immigrati”.
L’altro governo ritenuto comunemente nazionalista e populista, e che si è sempre rifiutato di accogliere migranti anche quando era obbligatorio farlo, è quello polacco e da Varsavia non è venuta alcuna disponibilità a farsi carico di una quota degli immigrati sbarcati in Italia.
Dunque è giusto affermare, come fa Morani, che i Paesi europei guidati da governi politicamente più vicini a Salvini abbiano “sbattuto la porta in faccia” alle richieste dell’Italia.
Conclusione
Morani sbaglia ad attribuire a Minniti il merito del piano ricollocamenti ma ha ragione sul numero (12 mila) di ricollocati. Ha poi sostanzialmente ragione sul numero di ricollocati col governo Conte (250, senza i 20 che dovrebbe accogliere l’Irlanda) e sul numero di sbarcati dal primo giugno (4.400 circa).
Bisogna però notare che la percentuale di ricollocati sul numero di sbarcati in Italia è oggi a favore del governo Conte, rispetto ai passati governi di centrosinistra. Siamo comunque davanti a percentuali molto basse, in numero assoluto (4 per cento circa contro 6 per cento). Quello dell’attuale governo è poi un risultato temporaneo e che potrà essere consolidato nel futuro solo grazie alla eventuale disponibilità, volontaria, degli altri Paesi Ue.
Infine Morani ha ragione sul fatto che gli Stati Ue guidati da governi politicamente vicini a Salvini sono quelli che finora hanno espresso le posizioni più ostili alla proposta italiana di condivisione dei migranti, e che a oggi non si sono dati disponibili ad accogliere alcuna quota.
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