Lorenzin e la verità su Internet, sesso e droga

Per il ministro della Salute sul web si compri droga e l’80% dei contenuti sono pornografici

Lorenzin e la verità su Internet, sesso e droga
Salute: Beatrice Lorenzin, confermata nell'incarico 

In occasione del Safer Internet Day - la giornata della sicurezza in Rete, un progetto lanciato nel 2004 dall'Unione Europea - presso la Nuova Aula Gruppi Parlamentari si è tenuta il 6 febbraio una conferenza sul tema "Il rapporto tra i giovani e Internet".

Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha sostenuto - tra le altre cose - che su Internet si compri la droga, che l’80% dei contenuti di internet sia pornografia e che cercando la parola “marijuana” su Google escano vecchie canzoni inneggianti al consumo di droga e non siti che informino sui rischi.

  • La prima affermazione è corretta e a questo proposito ci si riferisce solitamente alla parte “nascosta” di Internet, il così detto dark web. Il dark web è un sottoinsieme di quella massa di contenuti del world wide web non indicizzati dai motori di ricerca, nota come deep web (a sua volta sottoinsieme del web). Per raggiungere il dark web, che gira su Darknet, cioè su reti virtuali private, sono necessari dei software particolari che garantiscano l’anonimato, come ad esempio Tor.

Ma non basta. Per acquistare effettivamente della droga servono generalmente i bitcoin, una valuta elettronica che consente i pagamenti anonimi. A quel punto è possibile procedere all’acquisto, e ci sono diversi siti a cui è possibile rivolgersi. Il più noto è Silk Road, il cui presunto fondatore è stato condannato all’ergastolo negli Stati Uniti a maggio 2015.

L’intera procedura non sembra particolarmente difficile per come alcuni siti internet la descrivono. Tuttavia l’anonimato rende il rischio di essere ingannati, o peggio, estremamente elevato. Il giro di affari di questi mercati illegali nel dark web, secondo uno studio di Rand Europe del 2016 commissionato dal governo olandese, sarebbe di 25 milioni di dollari al mese, 300 milioni all’anno. Una cifra ridicola in confronto al volume totale delle vendite al dettaglio su internet, stimate in 1.915 miliardi di dollari per il 2016.

  • La seconda affermazione è invece errata. È figlia di una bufala, o meglio di una grande esagerazione, che circola da diverso tempo. Una stima del 2010 di un’azienda privata poneva il totale al 37 per cento, mentre il ministro fa riferimento a una percentuale perfino doppia. Già nel 2011 questi numeri erano stati smentiti da diversi media, come per esempio Forbes, che si era avvalsa dei dati raccolti da Ogi Ogas, neuroscienziato autore di A Billion Wicked Thoughts, un libro che analizzava i termini sessuali utilizzati nelle ricerche web di circa 100 milioni di utenti Internet.

Secondo quanto riferisce Ogas, “Nel 2010, nel milione di siti più popolari (con più traffico) nel mondo, 42.337 erano collegati al sesso. Cioè circa il 4% dei siti. Da luglio 2009 a luglio 2010 circa il 13% delle ricerche web avevano contenuto erotico”.

Un aspetto di cui tenere conto è che i siti pornografici sono solitamente basati su video: questo li porta a utilizzare più banda. Anche in questo caso, le stime sono molto difficili da fare con precisione, ma alcune arrivano fino al 30 per cento. In ogni caso, molto lontano dall’80 per cento stimato dal ministro.

  • La terza affermazione semplicemente non ha molto senso. I risultati che vengono visualizzati cercando su Google un determinato termine cambiano a seconda di quale computer viene utilizzato, di quali persone lo hanno utilizzato facendo quali ricerche, della posizione geografica in cui si trova e via dicendo. Google conserva infatti i dati di navigazione e li utilizza per indirizzare l’utente verso risultati che si presume gli siano più interessanti.

L’estensore di questo articolo ha ottenuto come primi risultati, per esempio, la relativa pagina di Wikipedia, un articolo di Focus e una pagina istituzionale americana contro l’abuso di stupefacenti, ma nessuna canzone. Ma, di nuovo, si tratta di risultati in parte “personalizzati” e non generalizzabili.