Ospite di Otto e Mezzo il 14 giugno, l’ex premier e attuale segretario del Pd Matteo Renzi ha affrontato numerosi temi e fatto diverse affermazioni. Abbiamo scelto le quattro più significative, e verificabili, e le abbiamo sottoposte al nostro fact checking.
1. I segni di miglioramento dell’economia
Renzi sostiene che “ci sono dei segni di miglioramento in questo momento nell’economia: +1,3% la previsione del Fondo monetario internazionale, contro lo 0,8% [precedente], 854 mila posti di lavoro [in più]”.
È vero che il Fmi abbia rivisto al rialzo le proprie previsioni di crescita del Pil italiano. Lo 0,8% era stato stimato ad aprile 2017, mentre il 12 giugno si è proiettata per l’anno corrente una crescita – record dal 2010 – dell’1,3%. Come abbiamo già verificato, questo comunque non basta per toglierci dall’ultima posizione nell’Unione europea, quanto ad andamento del Pil.
Quanto agli 854 mila posti di lavoro, il numero citato da Renzi corrisponde a quanto riporta l’Istat nella sua banca dati ed è la differenza tra quanti sono gli occupati oggi e quanti erano oltre tre anni fa, quando Renzi si insediò a Palazzo Chigi. Nel febbraio 2014, infatti, gli occupati erano 22 milioni e 144 mila. Ad aprile 2017, ultimi dati disponibili, erano 22 milioni e 998 mila. Esattamente 854 mila in più.
Si tratta però di “occupati” in più, di qualunque tipo, e non necessariamente di “posti di lavoro”.
2. La tassa sulla prima casa
A una domanda sulle richieste della Ue di introdurre una tassa sulle prime case di chi ha i redditi più alti, Renzi ha risposto dicendo che “per i super-ricchi la tassa sulla prima casa c’è. Per le case di lusso, la tassa sulla prima casa c’è”.
È vero. Con la legge di stabilità per il 2016 (art. 1 comma 13) è stata abolita l’Imu-Tasi sulle prime case, ma l’esenzione non vale per le case di lusso, su cui si continuerà a pagare.
Le categorie catastali A1, A8 e A9 (ovvero case signorili, ville e castelli) continueranno a pagare l’Imu 2017 (art. 1 comma 14). Ci sono tuttavia abitazioni che si potrebbero ritenere di lusso e che sono esenti dal pagamento: si tratta di villini e villette inserite nella categoria catastale A7.
3. Il recupero dall’evasione fiscale
Parlando poi di evasione fiscale, Renzi dice : “In questi anni siamo passati da un livello di 13 miliardi di euro di recuperato dall’evasione, a 19 miliardi di euro. Come? Con il meccanismo digitale, con l’incrocio delle banche dati”.
Il dato di 13 miliardi è corretto se riferito al 2013, quando si arrivò appunto a 13,1 miliardi di euro recuperati dall’evasione fiscale. Anche il dato di 19 miliardi è corretto, riferito al 2016, quando venne stabilito un nuovo record.
Discutibile invece che il merito di una simile cifra sia solo del meccanismo digitale. Nei 19 miliardi del 2016 infatti ben 4,1 arrivano da voluntary disclosure nell’ambito del rientro dei capitali a suo tempo voluto da Renzi, e diventano 4,3 se si considerano anche i recuperi del 2015.
Si tratta di una misura una tantum, senza la quale il gettito dell’evasione fiscale sarebbe comunque superiore, ma non altrettanto, rispetto all’epoca del governo Monti (14,7 miliardi contro 13,1 miliardi).
4. Il debito pubblico
Parlando delle prospettive, secondo Renzi remote, che si verifichi una nuova crisi in Italia come quella del 2011, il segretario del Pd ha dichiarato: “Negli ultimi nove mesi, in due dei tre trimestri il debito – rispetto al Pil – finalmente ha iniziato a scendere. Perché accade? Accade perché c’è la crescita”.
Renzi ha ragione. Eurostat certifica che nel 2016 il secondo trimestre ha visto un innalzamento del rapporto debito/Pil, passato dal 134,8% del trimestre precedente a 135,4%, e che i due trimestri successivi lo hanno visto invece scendere. Nel terzo trimestre è infatti calato al 132,7% e nel quarto al 132,6%.
Parzialmente vero poi che il merito sia della crescita del Pil, o almeno solo di quella. Il debito in valore assoluto ha avuto infatti un andamento non sempre allineato con quello del rapporto debito/Pil.
In particolare, secondo quanto riporta Banca d’Italia, il secondo trimestre 2016 ha visto crescere il debito, passato da 2.147 miliardi di marzo ai 2.168 di giugno (ed è cresciuto anche il rapporto debito/Pil). Nel terzo trimestre, invece, c’è stato un calo del debito in valore assoluto, sceso a settembre a 2.131 miliardi (e anche il rapporto debito/Pil è sceso).
Il quarto trimestre dimostra invece come un aumento del debito in valore assoluto non sia incompatibile con un miglioramento del rapporto debito/Pil, se quest’ultimo aumenta: infatti il debito ha raggiunto a dicembre quota 2.138 miliardi, ma il rapporto debito/Pil è sceso da 132,7% a 132,6%.
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