In un comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate del 9 febbraio si rivendica il “terzo anno consecutivo da record per l’Agenzia, che nel 2016 registra un nuovo primato nel recupero dell’evasione. Lo scorso anno, infatti, sono stati riportati nelle casse dello Stato 19 miliardi, la somma più alta mai incassata dalle Entrate grazie alle attività di controllo e di promozione della compliance”. Il primo ministro, Paolo Gentiloni, in visita a Londra ha ripreso la notizia parlando di “un record senza precedenti negli ultimi anni” con riferimento ai 19 miliardi.
Ma è davvero così?
Fin da prima che venissero diffusi i dati definitivi dell’Agenzia, erano attese le polemiche. Già si sapeva infatti che nei conti di quest’anno sul recupero dal sommerso sarebbero rientrati anche i miliardi recuperati grazie alle voluntary disclosure (procedure di collaborazione volontaria) volute a suo tempo da Matteo Renzi, e poi rinnovate, per far emergere i capitali illegalmente detenuti in patria o all’estero. Delle sanatorie una tantum e non strutturali insomma, che pertanto “drogherebbero” il risultato finale.
La voluntary disclosure e il suo impatto sui conti
Ancora secondo il comunicato dell’Agenzia delle Entrate, “la voluntary disclosure frutta 4,1 miliardi che diventano 4,3 se si considerano anche i recuperi del 2015. Un risultato che è andato oltre le previsioni, grazie alla certosina attività di controllo portata avanti dai funzionari dell’Agenzia sulle oltre 129mila richieste di adesione arrivate, che è scaturita in 344mila atti di accertamento e 124mila atti di irrogazione di sanzioni”.
Secondo la presidente dell’Agenzia, Rossella Orlandi, questi miliardi recuperati non sono dunque il frutto di un semplice condono, ma – come dichiarato prima ancora che il comunicato venisse diffuso – del lavoro di “4 mila addetti e senza ulteriori risorse” che hanno lavorato agli accertamenti ed alle sanzioni.
Anche non volendo considerare i 4,1 miliardi derivanti dalle procedure di collaborazione volontaria, quello del 2016 resterebbe un record, seppur confermato e non superato. Sottratta la cifra ai 19 miliardi totali ne restano infatti 14,9, lo stesso numero del 2015. Anche nel 2014, con 14,2 miliardi recuperati si era fissato un nuovo record.
Il totale recuperato e la sua composizione
I 19 miliardi del 2016 sono così composti: “10,5 miliardi derivano da attività di controllo sostanziale [ne fanno parte i 4,1 della voluntary disclosure, ndr.], in crescita del 36% rispetto al 2015; 8 miliardi sono frutto di attività di liquidazione; circa 500 milioni, infine, derivano da versamenti spontanei a seguito della ricezione degli alert dell’Agenzia, le cosiddette lettere di compliance”.
Le cosiddette attività di liquidazione delle imposte, quelle che valgono 8 miliardi, vengono effettuate a livello centrale e consistono nell’incrociare quanto i contribuenti hanno dichiarato con quanto hanno versato, andando a chiedere eventuali differenze.
Anche tali attività non vengono da alcuni considerate come “lotta all’evasione”, che sarebbero solamente le “attività di controllo”. Al netto della voluntary disclosure, tali attività di controllo nel 2016 hanno portato nelle casse dello Stato 6,4 miliardi. Meno dei 7,7 del 2015, e a loro volta meno degli 8,1 del 2014, come risulta dalla Relazione della Corte dei Conti del 2016.
Eguagliato il record del 2015
Se rimangono differenze ideologiche su cosa costituisca o meno “lotta all’evasione”, non è comunque scorretto sostenere, come fa Gentiloni, che i 19 miliardi siano un nuovo record, anche se va specificato che 4,1 miliardi del totale sono frutto di un’operazione eccezionale e non strutturale. Se li si sottrae resta una somma (14,9 miliardi) che eguaglia il record del 2015.