Sono trascorsi i primi 200 giorni dell'era Trump. Un traguardo che il presidente americano taglia senza trionfali festeggiamenti, dato l'indice di gradimento fermo ad un preoccupante 38%. Una presidenza, la sua, su cui si sono abbattuti tempeste e incredibili colpi di scena: primo tra tutti il Russiagate, condito dal furioso turnover della West Wing. Qualche analista politico sarcasticamente l'ha definita "White House Apprentice", come se la Casa Bianca fosse il set di una serie speciale del reality show del tycoon, stavolta ambientato al 1600 di Pennsylvania Avenue.
Il 2020 non è poi così lontano
Se c'è chi scommette su un probabile impeachment, c'è anche chi guarda già alle primarie repubblicane del 2020. Una sfida che potrebbe mettere a dura prova l'appeal del presidente sul suo elettorato. Il circolo magico assicura che Trump correrà per la rielezione. Ma il terreno è minato e le opzioni aperte sono diverse: l'imprenditore potrebbe soccombere sotto il peso delle indagini del Russiagate; potrebbe essere ripudiato dalla base che lo ha adorato in passato; o, ultima possibilità, potrebbe automaticamente scegliere di tornare ad essere un uomo d'affari, dopo aver assaggiato le difficoltà della politica in prima persona. Il New York Times aveva ipotizzato una possibile rinuncia alla corsa, ma la Casa Bianca nega. In molti ritengono già allertato il vicepresidente Mike Pence. Anche in questo caso il diretto interessato respinge risolutamente la supposizione.
Primo listino dei possibili sfidanti
Ma The Hill, inizia a fare qualche interessante congettura, mettendo in fila i possibili sfidanti, i personaggi più qualificati a sfilare la possibilità di una ricandidatura. Il quotidiano online della capitale individua cinque grandi gruppi da cui il partito repubblicano potrebbe attingere risorse utili: i senatori, i centristi, i conservatori della Camera, le celebrità e i vip Gop in attesa. La short list si apre, dunque, con i membri più autorevoli di Capitol Hill, primo tra tutti Jeff Flake. Il senatore dell'Arizona ha avuto modo di mettersi in mostra nelle ultime settimane con una fiera opposizione alle politiche del presidente. Il suo recente libro "La coscienza di un conservatore" è stato un caso editoriale: scritto in gran segreto, contiene implacabili critiche al partito, alla sua gestione e, ovviamente, alla presidenza. La sovraesposizione mediatica è assicurata. C'è da capire se tutta questa pubblicità giocherà a suo favore nella corsa alla rielezione nel 2018. In casa non è popolarissimo: il 62% degli elettori disapprova il suo operato, mentre solo il 18% se ne dimostra entusiasta.
Un altro senatore da tenere d'occhio è Ben Sasse, 45 anni, del Nebraska. Anche in questo caso si tratta di un aperto anti-trumpiano. Lo adorano Regina Thomson e Beau Correll, i leader di Never Trump. Ai tempi della convention repubblicana di Cleveland, questo movimento balzò agli onori della cronaca per aver condotto una indomita battaglia, fino all'ultimo minuto, per incitare i delegati a votare secondo coscienza, senza seguire come da convenzione i risultati di primarie e caucus locali. Per Thomson e Correll, Sasse è "la quintessenza del conservatorismo" e potrebbe costituire una minaccia reale e allo strapotere di Trump. Da parte sua il senatore ha fatto sapere che l'ipotesi di una corsa nel 2020 sarebbe solo fantapolitica, dal momento che i suoi unici interessi sono "crescere i tre figli e servire il popolo del Nebraska".
Il gruppo dei centristi papabili
Dall'Arkansas viene invece un altro giovane senatore, Tom Cotton. The Hill lo annovera tra le stelle in ascesa. Cotton non ha avuto scontri con la presidenza, anzi è sempre stato molto collaborativo. Uno duello con Trump molto probabilmente non gioverà, soprattutto in vista di un secondo mandato nel suo Stato. Assai educata arriva la sua risposta circa le ambizioni e i progetti futuri. Dal suo ufficio comunicano che il senatore al momento non vuole fare altro che servire il popolo dell'Arkansas e sostenere l'agenda del presidente in tutti i settori: dall'economia, alle tasse alla riforma sanitaria, fino ad arrivare all'immigrazione.
Lasciate le sale del Campidoglio, The Hill sposta l'obiettivo verso i centristi, i repubblicani con posizioni più moderate. In pole position il governatore dell'Ohio John Kasich, ex candidato alle primarie del 2016. Secondo il giornale non è ancora chiaro cosa bolla in pentola, ma c'è chi scommette che il governatore non starà con le mani in mano, visto che il suo mandato scadrà a gennaio del 2019. Ci potrebbe essere una corsa da indipendente addirittura in tandem con un democratico, il governatore del Colorado John Hickenlooper oppure un frontale nuovamente contro Trump. Sono in molti a non vedere di buon occhio i suoi piani dal momento che le posizioni moderate hanno pochissima presa sullo zoccolo duro del partito: nel 2016 il governatore si era assicurato un solo stato, il suo.
Subito dopo il centrista, nel fascicolo delle ipotesi ci sono i conservatori della Camera dei deputati. Tra essi un congressman che non ha risparmiato critiche al presidente sul suo terreno di battaglia preferito. A Twitter, difatti, ha affidato i suoi strali il deputato Justin Amash del Michigan. Appartiene alla corrente libertaria ed è tra i fondatori dell'House Freedom Caucus. Noto per essere stato il primo a prendere in considerazione apertamente un impeachment di Trump, aveva sostenuto il senatore Rand Paul alle scorse primarie. Nella rosa dei papabili, per The Hill ci sono anche le celebrità che, grazie alla vittoria di Donald Trump, hanno ottenuto una sorta di lasciapassare nel mondo della politica nazionale. Un personaggio da sorvegliare è Mark Cuban, il proprietario della squadra texana di basket dei Dallas Mavericks, famoso per le sue partecipazioni al reality show Shark Tank. Pur non avendo ufficialmente abbracciato il partito conservatore, le sue idee potrebbero dargli un'ottima collocazione nel Gop. Al giornale dichiara di prendere in considerazione l'idea, ma di non essere pronto a dare una risposta definitiva.
La carta Bloomberg
Nel circolo dei vip ce n'è anche uno amatissimo dal pubblico, ovvero Dwayne Johnson, detto "The Rock". Il muscoloso attore ed ex wrestler si è già sbilanciato, mostrando il suo interesse. La roccia è indipendente, ma guarda con interesse alle possibilità aperte in entrambi i partiti. Tuttavia uno dei famosi più credibili resta l'ex sindaco di New York City, Michael Bloomberg. E' stato democratico, repubblicano e infine indipendente. Il miliardario a capo dell'impero delle comunicazioni ha detto più volte di non essere interessato. In tanti, però, sperano che cambi idea. Il mistero di fondo, intanto, resta quello legato alla sorte del presidente. Per The Hill ad avere gli occhi aperti è il vicepresidente Mike Pence, ovvero colui che potrebbe trarre un maggiore profitto da una rinuncia di Trump. Ma a scalpitare ci sarebbero anche altre stelle del Gop come gli ex sfidanti Rick Scott, il governatore della Florida; Ted Cruz, senatore del Texas; Marco Rubio, senatore della Florida, e Scott Walker, governatore del Wisconsin.