Londra ha declinato l'offerta dell'Italia di trasportare al Bambin Gesù, l'ospedale pediatrico della Santa Sede, Charlie Gard, il bambino britannico di 10 mesi affetto da sindrome di deperimento mitocondriale, una rara malattia genetica, ritenuta incurabile. L'equipe medica del Great Ormond Street Hospital, che lo ha in cura, ha concesso ai genitori, Chris Gard e Connie Yates, qualche giorno in più prima di staccare la spina, dopo che la coppia ha perso anche l'ultimo ricorso legale contro la decisione dei medici di sospendere le cure. Secondo i medici britannici e i tribunali che hanno esaminato la vicenda, non esisterebbero concrete possibilità di miglioramento o di prolungamento della vita di Charlie e anche le terapie sperimentali non offrono alcun tipo di certezza.
A comunicare la decisione è stato il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, in una telefonata con il suo collega italiano, Angelino Alfano. "Alfano ha colto l'occasione per sollevare il caso del piccolo Charlie Gard e ribadire l'offerta dell'Ospedale italiano Bambino Gesù di accoglierlo", si legge in una nota della Farnesina, "Il ministro Boris Johnson ha espresso gratitudine ed apprezzamento per l'offerta italiana ma ha spiegato che ragioni legali impediscono alla Gran Bretagna di accoglierla". "Sulla tristissima vicenda del piccolo Charlie, sono grato e riconoscente al ministro Boris Johnson per la sua schiettezza, la sua sensibilità e la sua correttezza", ha poi dichiarato Alfano, che nel corso del colloquio con il collega britannico, ha espresso "la massima fiducia nel sistema giudiziario inglese e nell'operato del Great Ormond Street Hospital, uno dei migliori ospedali al mondo". "Abbiamo le mani legate" dalle sentenze giudiziarie, avevano fatto sapere i medici dell'ospedale all'ambasciatore italiano a Londra, Pasquale Terracciano che, su espressa richiesta del ministro Alfano, martedì aveva telefonato per sollecitare il ricovero a Roma.
"Il Papa e Trump ci hanno dato speranza"
Si tratta di un duro colpo per i genitori del bimbo che, riferisce il tabloid inglese The Sun, prima del colloquio tra Johnson e Alfano, avevano dichiarato che "il sostegno dal Papa e dal presidente degli Stati Uniti ci ha dato speranza". Donald Trump aveva infatti offerto la disponibilità degli Usa ad accogliere il piccolo in un ospedale americano. Proprio negli Usa la coppia intendeva trasportare Charlie, per sottoporlo a una terapia sperimentale, prima che, lo scorso 29 giugno, la Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo non respingesse l'ultimo loro ricorso. "Sono uomini tradizionali che credono nella famiglia. Credono nella nostra battaglia", ha detto ancora Connie Yates, "e capiscono perché riteniamo sia giusto continuare a batterci con tale forza per salvare Charlie".
Per chiedere il trasferimento al Bambin Gesù la mamma di Charlie aveva telefonato direttamente a Mariella Enoc, presidente dell'ospedale: "E' una signora molto determinata. Difficile dire se c'è accanimento terapeutico o no", ha raccontato Enoc, "mi astengo da ogni giudizio: dico solo che noi possiamo accogliere qui il bambino e accompagnarlo come ci ha chiesto la mamma. Ma il board dell'ospedale di Londra dice che non si può".
Cosa succede ora
Non è chiaro se la corsa contro il tempo sia terminata perché non è chiaro quando verrà staccata la spina. A Roma si è messo a disposizione anche il Gemelli, l'ospedale del Papa; e anche la Santa Sede ha fatto sapere che "farà il possibile per superare gli ostacoli legali che non consentono il trasferimento del piccolo". È importante - ha spiegato il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin - offrire "tutta l'accoglienza" al piccolo Charlie e ai suoi genitori perché proseguano le cure".