La lunga veglia dell'Europa durerà tre giorni, quasi senza soluzione di continuità. Le grandi manovre per il futuro dell'Unione infatti, cominceranno esattamente 48 ore dopo la chiusura delle urne: martedì prossimo alle sei del pomeriggio, i capi di Stato e di governo della Ue siederanno al tavolo del Consiglio europeo straordinario convocato a Bruxelles per iniziare a comporre il mosaico di nomine delle istituzioni europee per i prossimi cinque anni.
La partita è intricata: si tratta di scegliere il presidente della Commissione, quello del Consiglio Ue, l'alto commissario per la politica estera, il presidente del Parlamento e, ultimo ma non ultimo, il successore di Mario Draghi, che a novembre lascerà la guida della Bce. I nomi che circolano sono diversi, così come le combinazioni possibili. Ma il quadro finale dovrà essere inserito in una cornice di regole già tracciate: si dovrà rispettare l'equilibrio politico, geografico, demografico e di genere. Tradotto, se le elezioni andranno come previsto dai sondaggi, i profili obbligati saranno quelli di un popolare, un socialista, un liberale, una donna e un esponente di un piccolo paese, magari dell'Est.
Al vertice di martedì, alla luce dei risultati delle urne, i rapporti di forza saranno più chiari e si capirà molto delle mosse successive, ma quello del 28 non sarà il summit decisivo. Per il 20 e 21 giugno è previsto il Consiglio europeo formale, che nelle intenzioni di Donald Tusk sarà quello dell'accordo. "Spero si raggiunga l'unanimità - ha già detto il presidente del Consiglio Ue - ma dobbiamo essere realisti, non esiterò a presentare le decisioni al voto a maggioranza, se sarà difficile raggiungere un consenso".
Candidati ufficiali con poche speranze
La scelta del successore di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione sarà il primo tassello del grande gioco. Manfred Weber (PPE), Frans Timmermans (PSE), Margrethe Vestager (Alde) Ska Keller (Verdi) Jan Zaharadil (Conservatori) e Nico Cuè (Sinistra) sono i candidati ufficiali, o 'Spitzenkandidaten'. Ma il sentimento quasi unanime a Bruxelles è che nessuno di loro diventerà presidente della Commissione. Il gioco si disputerà al tavolo del Consiglio e quindi saranno i governi, come del resto prevede il Trattato, a decidere.
In una intervista al quotidiano belga Le Soir, Emmanuel Macron, per la prima volta in maniera esplicita, ha fatto il nome di Michel Barnier, attuale caponegoziatore della Ue per Brexit. Il nome di Barnier circola da mesi e l'endorsement di Macron è chiaramente un punto di forza per il francese. Per la guida della commissione, al summit Ue di Sibiu di due settimane fa è tornato a circolare il nome di Kristalina Georgeva, da febbraio presidente ad interim della Banca Mondiale ed ex commissaria Ue. Donna, rappresentante di un piccolo paese dell'est (la Bulgaria) e di saldo curriculum bruxellese, quella di Georgeva potrebbe essere una candidatura su cui potrebbero convergere diverse posizioni.
I tedeschi tengono le carte coperte, ufficialmente Angela Merkel continua a sostenere Weber, ma senza grande entusiasmo. Mentre sul fronte italiano nessuno oggi può dire come si muoverà il governo giallo-verde. Ma dopo le elezioni il governo Conte sarebbe comunque l'unico esecutivo di un grande paese fondatore ad essere escluso dalla maggioranza europeista e quindi sulla carta tenuto fuori dalle grandi scelte.
Qualunque sia l'incastro comunque, il pallino è saldamente in mano ai governi. Il Parlamento ha fatto circolare la minaccia di un 'blocco istituzionale' se il sistema dei 'capilista' non sarà rispettato. Ma pochi credono che le forze politiche, a cominciare dai Popolari, siano pronte alle barricate.
Chi sostituirà Tusk e Tajani?
A cascata, nel domino delle nomine, dovrà essere indicato il presidente del Consiglio, per prassi un ex capo di governo, che naturalmente dipenderà dal nome designato per la Commissione. Nel borsino di Bruxelles è piuttosto quotato il nome di Dalia Grybauskaite, presidente della Lituania. Così come quello di Charle Michel, premier belga, e dell'ex primo ministro danese Helle Thorning-Schmidt. Sul tavolo, anche se i due smentiscono senza riserve, i nomi di Mark Rutte, primo ministro olandese, e della stessa Merkel.
Quanto al Parlamento, l'Eurocamera si riunisce per la sua prima seduta plenaria della nuova legislatura il 2 luglio. In quella occasione si dovrebbe arrivare all'accordo per la nomina del presidente che sostituirà Antonio Tajani. In molti sono pronti a scommettere che se, come si prevede, il Ppe si confermerà primo gruppo a Strasburgo, la poltrona sarà occupata proprio da Weber. Due settimane dopo, sempre a Strasburgo, la seconda e ultima plenaria prima della pausa estiva.
L'assemblea, se ci sarà l'accordo, potrebbe votare già il nome del presidente della Commissione indicato dai governi. A quel punto ognuno dei 28 paesi (o dei 27, visto non è ancora chiaro se i britannici saranno o meno della partita) indicherà il nome del suo commissario. A settembre i candidati dovranno passare al vaglio del Parlamento che dovrà dare la sua approvazione dopo averli auditi uno per uno.
Il Consiglio Ue del 17 e 18 ottobre sarebbe l'ultimo vertice utile per riempire le caselle mancanti, compreso quelle dell' alto rappresentante e soprattutto del presidente della Bce. La commmissione Juncker infatti scade il 31 di ottobre, anche se diverse fonti hanno lasciato intendere che una proroga non è da escludersi, magari fino all'inizio del 2020.