Istanbul - Il Parlamento tedesco ha approvato una risoluzione con la quale definisce "genocidio" la strage degli armeni del 1915 e la reazione della Turchia non si è fatta attendere: richiamato l'ambasciatore ad Ankara, mentre il presidente Recep Tayyip Erdogan da Nairobi ha annunciato "serie ripercussioni" nei rapporti tra i due Paesi ma anche con l'Europa. Basta il termine "genocidio" ad aprire una crisi tra la Turchia e il suo principale partner commerciale, una crepa sulle cui conseguenze Erdogan aveva già messo in guardia la cancelliera Angela Merkel con una telefonata di venerdì, invitando la cancelliera a considerare i rapporti tra i due Paesi e i tre milioni e mezzo di cittadini turchi residenti in Germania.
Una decisione che "comprometterà seriamente i rapporti tra i due Paesi", ha avvertito Erdogan. Di "errore storico", ha parlato il governo turco che ha respinto la risoluzione del Bundestag come "nullo e mai avvenuto", e richiamando l'ambasciatore.
E le conseguenze, al di là delle smentite di rito, potrebbero estendersi agli accordi che Ankara ha preso con Bruxelles, considerando che la Merkel è stata la principale controparte con la quale l'ex premier Ahmet Davutoglu ha condotto la trattativa che ha portato alla chiusura dell'accordo siglato lo scorso 18 marzo che prevedeva la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi e il respingimento degli immigrati irregolari dalla Grecia in Turchia. Per il neo premier Binali Yildirim si tratta invece del primo banco di prova in ambito di politica internazionale. Negli scorsi giorni Yildirim aveva definito "ridicola" la discussione della risoluzione da parte del Bundestag, per poi riferire i tragici fatti del 1915 a "dinamiche normali in tempo di guerra, avvenuti in qualsiasi territorio che abbia combattuto la prima guerra mondiale". Oggi il premier si è limitato a esprimere il proprio disappunto, mentre il suo vice Numan Kurtulmus ha assicurato che la reazione della Turchia "non si fara' attendere in nessun ambito".
Angela Merkel, con Ankara relazioni solide
Il ministro degli Esteri tedesco, Wolfgang Steinmeier, da Buenos Aires ha cercato di gettare acqua sul fuoco: "Ci aspettavamo il malcontento da parte di Ankara, lavoreremo nelle prossime settimane per evitare che le reazioni diventino sproporzionate".
Non e' solo l'Akp, il partito di maggioranza cui appartengono presidente e premier, a fare la voce grossa. I rappresentanti di tre dei quattro partiti in parlamento hanno firmato una dichiarazione congiunta, con la quale invitano la Germania a rivedere il testo, approvato "a detrimento di tutte le parti". I repubblicani del Chp, principale partito di opposizione, attraverso il portavoce Ozturk Yilmaz ha definito "inaccettabile" il voto tedesco, un voto che danneggia i cittadini di origine turca e pone un ulteriore ostacolo al processo di riavvicinamento di Turchia e Armenia, mentre i nazionalisti del Mhp hanno invitato Berlino "a riprendersi gli immigrati". Solo i curdi del Hdp hanno rifiutato la firma, invitando il Parlamento turco a "guardare in faccia alla realta'".
Un contenzioso che dura da oltre un secolo
Lo scorso anno, in occasione del centenario dello sterminio, fu Papa Francesco a utilizzare il termine "genocidio" scatenando la dura reazione di Erdogan, in seguito alla quale si sfiorò la crisi diplomatica con il Vaticano. In quell'occasione il presidente turco rinnovo' la proposta di una commissione congiunta di storici turchi e armeni che lavorasse "al raggiungimento di una verita' storica, per porre fine a strumentalizzazioni da parte della politica". Quando ancora ricopriva la carica di premier infatti, Erdogan scrisse al presidente armeno Robert Kocharyan, offrendo la completa apertura degli archivi e la pubblicazione dei documenti relativi le operazioni militari del 1915. Secondo Erevan furono un milione e mezzo i morti, il triplo di quelli riconosciuti da Ankara , ma al di la' dei numeri sono le modalita' a costituire il nervo scoperto di una questione che appare non avere sintesi né soluzione. Per gli armeni rastrellamenti, campi di sterminio e pulizia etnica non laciano spazio a dubbi: fu genocidio. Per i turchi la carenza di cibo e il freddo glaciale che attanaglia sistematicamente una regione dove le temperature raggiungono anche i -50°C, furono tra i principali fattori alla base di una strage che vide morire, secondo Ankara, anche piu' del 60% dei soldati turchi.