Per il secondo giorno consecutivo gli studenti iraniani sono scesi in piazza per protestare contro quelle che definiscono le 'bugie del regime' dopo l'ammissione di Teheran di aver abbattuto per errore un Boeing ucraino uccidendo tutte le 176 persone a bordo.
Dopo quello di migliaia di giovani davanti alle due università di AmirKabir e di Sharif, a Teheran, un imponente raduno ha avuto per teatro l'Università Beheshit, sempre nella capitale, dove gli studenti hanno intonato slogan contro il regime come "Il nemico non è l'America, il nemico è qua".
Via from what appears to be @ManotoNews showing protesters arriving at Azadi Tower in #Tehran, #Iran protesting against the regime. pic.twitter.com/qNMJgqZCqR
— Aurora Intel (@AuroraIntel) January 12, 2020
Altre manifestazioni sono state segnalate all'Università di Damghan, nel nord dell'Iran e all'Università di Isfahan, nel centro del Paese, con slogan contro il leader supremo iraniano, Ali Khamenei: "Le Guardie della rivoluzione uccidono e la Guida suprema li appoggia".
Le milizie Quds, unità d'elite delle Guardie della rivoluzione (Pasdaran), si dicono "pronte a usare la forza per placare le manifestazioni contro il regime" se non si dovessero fermare. Nel monito il rappresentante della Guida suprema all'interno delle Forze, Ali Shirazi, citato dall'emittente iraniana Iran International e ripresi da diversi media internazionali, tra cui Sky News Arab e Al Arabiya, definisce i manifestanti "seguaci degli Stati Uniti e di Israele".
Lo "schiaffo" si trasforma in boomerang
Ma intanto quello che doveva uno "schiaffo" agli Usa in grado di mostrare l'orgoglio militare dei pasdaran dopo l'uccisione di Qasem Soleimani, si è trasformato in un boomerang: l'Iran ha ammesso di aver abbattuto la sera dell'8 gennaio scorso l'aereo ucraino appena decollato da Teheran con 176 persone a bordo e si trova oggi alle prese con il riaccendersi di una protesta che i Guardiani della Rivoluzione avevano represso nel sangue appena un mese fa.
"Khamenei dimettiti", "Morte ai bugiardi", hanno urlato migliaia di giovani radunati davanti alle due università di AmirKabir e di Sharif, a Teheran, per manifestare la rabbia e lo sdegno nei confronti della leadership politica, dopo l'ammissione di responsabilità - seppure involontaria - iraniana nell'abbattimento dell'aereo passeggeri ucraino. Secondo testimonianze su Twitter, sono rapidamente intervenute le forze di polizia che hanno lanciato gas lacrimogeni e fatto arresti.
Inizialmente i giovani, molti studenti, si erano radunati per una manifestazione di commemorazione delle vittime dell'aereo ucraino; ma l'evento si è trasformato rapidamente in una protesta contro il regime. "Le dimissioni (dei responsabili) non sono sufficienti, è necessario un processo", "Muori, muori per quella vergogna", alcuni degli slogan, che hanno messo nel mirino la Guida Suprema, i Pasdaran: "Guardiani della Rivoluzione, vergogna per il Paese" e lo stesso Soleimani, giudicato "assassino, come il suo capo". Nei dintorni dell'università, così come in altre aree sensibili del centro di Teheran, si sono subito schierare le forze della polizia antisommossa.
Il regime aveva sperato, ammettendo tardivamente l'abbattimento, di poter smorzare l'indignazione interna e internazionale scaricandone la responsabilità politica e militare su quello che Hassan Rohani ha definito "l'avventurismo americano". L'Iran "si rammarica" profondamente per la "grande tragedia e l'errore imperdonabile", ha dichiarato il presidente della Repubblica Islamica, implicitamente confermando la versione fornita già tre giorni fa dai servizi di intelligence americani, e sostenuta anche da Canada e Gran Bretagna.
"L'indagine interna delle forze armate ha concluso che i missili purtroppo lanciati per errore hanno causato lo schianto dell'aereo ucraino e la morte di 176 persone innocenti", ha aggiunto, sottolineando, anche nel corso di una telefonata con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, "i responsabili di questo errore imperdonabile saranno perseguiti".
In realtà, secondo una ricostruzione fornita dai Pasdaran, ha agito da solo il soldato che ha fatto partire il missile scambiandolo per un "missile da crociera". "Aveva solo 10 secondi per decidere" in un contesto di "massima allerta", ha spiegato il generale Amir Ali Hajizadeh, alla guida delle Forze aeree dei Guardiani della Rivoluzione, riconoscendo le proprie responsabilità. "Rispetterò qualsiasi decisione sarà presa", ha affermato in un'intervista andata in onda sulla tv iraniana, raccontando di aver "desiderato di morire" quando è stato "sicuro" che l'aereo era stato abbattuto per errore dai suoi uomini. L'ordine di dire la verità, dopo tre giorni di omissioni, è arrivato da Khamenei, tiene a far sapere la Fars, tra le più ideologizzate tra le agenzie di stampa iraniane, "appena informato dell'errore" e sollecito a "chiedere alle forze armate di rimediare alle negligenze".
La versione di Teheran
La versione di Teheran è questa: "Ore dopo l'operazione di attacco missilistico dell'IRGC (la Guardia Rivoluzionaria, ndr)contro la base USA, i voli aerei delle forze terroristiche statunitensi sono aumentati vicino ai confini iraniani e anche alcune notizie di minacce aeree contro i centri strategici del Paese sono state consegnate alle unità di difesa e alcuni obiettivi sono stati visti sui radar che hanno causato una maggiore sensibilità nelle difese aeree". La nota iraniana prosegue spiegando che "in condizioni così sensibili e critiche, il volo n. 752 dell'Ukraine International Airlines parte dall'aeroporto Imam Khomeini e, pur cambiando direzione, assomiglia completamente a un obiettivo ostile che si avvicina a un centro sensibile dell'IRGC. In queste circostanze, a causa di un errore umano e involontariamente, l'aereo è stato preso di mira che purtroppo ha portato al martirio di una schiera di cari compatrioti e alla perdita della vita di alcuni cittadini stranieri".
La confessione iraniana sembra fare breccia nelle cancellerie, che da Londra a Berlino la giudicano un "passo importante", ma il Canada, che conta 57 vittime nell'abbattimento, vuole "chiarezza" e con il premier Justin Trudeau, che parla al telefono con Rohani, chiede "trasparenza e giustizia" e manda una squadra di investigatori in Iran. Esperti francesi e ucraini, dal canto loro, lavoreranno alle scatole nere.
Mike Pompeo, invece, si rivolge invece ai manifestanti: "La voce del popolo iraniano è chiara. Ne hanno abbastanza delle bugie del regime, della corruzione, dell'inettitudine e della brutalità dei Guardiani della rivoluzione islamica sotto la cleptocrazia di Khameini". "Stiamo - conclude il segretario di Stato americano ritwittando un filmato delle proteste - con il popolo iraniano che merita un futuro migliore".