Non aveva avuto problemi Anna Muzychuk, scacchista ucraina due volte campione del mondo, a indossare il velo per il torneo di Teheran dello scorso febbraio. Quando le autorità saudite le hanno però chiesto di indossare l'abaya, la sopravveste nera lunga fino ai piedi indossata dalle donne nei Paesi arabi più conservatori, per la competizione mondiale iniziata a Riad il 26 dicembre, la risposta della ventisettenne di Leopoli, seconda nel ranking mondiale dopo la cinese Yifan Hou, è stata un secco no. Poco importa se rinuncerà a correre per un premio in denaro di 250 mila dollari e, soprattutto, a difendere i suoi due titoli, uno dei quali conquistato in un altra nazione del Golfo, il Qatar, dove invece non era stato richiesto alle scacchiste di coprirsi il capo.
"Tra pochi giorni perderò due titoli mondiali, uno dopo l'altro, solo perché ho deciso di non recarmi in Arabia Saudita, di non giocare secondo le regole di qualcun altro, di non indossare l'abaya, di non essere accompagnata per uscire all'aperto e, in generale, di non volermi sentire una creatura di serie B", ha scritto sabato scorso la campionessa su Facebook, in un post che ha ricevuto decine di migliaia di reazioni e condivisioni, "Esattamente un anno fa ho vinto questi due titoli ed ero la persona più felice del mondo degli scacchi ma questa volta mi sento veramente a disagio. Sono pronta a restare ferma sui miei principi e a saltare l'evento, nel quale tra cinque giorni dovrei guadagnare più di quanto farei in dodici eventi insieme. Tutto ciò è seccante ma la cosa che più fa rabbia e che non interessa a nessuno. È una sensazione molto amara ma non in grado di mutare il mio pensiero e i miei principi. Lo stesso vale per mia sorella Mariya e sono lieta che entrambe condividiamo questo punto di vista. E sì, per quei pochi a cui interessa, torneremo!".
Un grave danno d'immagine per i sauditi
La decisione della campionessa ucraina è stata accolta da diversi attestati di stima da parte di altre colleghe, a partire da Hikaru Nakamaru, la numero tre americana, che ha definito "orribile" la decisione di far ospitare il torneo a Riad, che pure, a novembre, secondo la Federazione Mondiale degli Scacchi, aveva promesso che, come il Qatar, non avrebbe imposto il velo o l'abaya alle giocatrici. Anche perché il King Salman World Rapid and Blitz Chess fa parte della strategia dell'ambizioso principe Salman di rilanciare l'immagine della petromonarchia, una delle nazioni più arretrate del pianeta in campo di diritti delle donne. Evidentemente, era stato ritenuto che il montepremi record (due milioni di dollari complessivi, una cifra mai vista) sarebbe stato sufficiente a far dimenticare la marcia indietro.
E non si tratta nemmeno dell'unico scivolone. Ha suscitato fortissime polemiche la scelta di escludere dal torneo i giocatori israeliani, ai quali sono stati negati i visti in quanto Riad non ha formalmente rapporti diplomatici. Una restrizione, alla quale la Federazione israeliana ha reagito con la richiesta di un risarcimento in denaro, che non è invece stata applicata agli scacchisti qatarini, sebbene in teoria l'Arabia Saudita abbia interrotto le relazioni anche con Doha. Un doppio danno d'immagine che dovrebbe far riflettere il principe Salman su come ospitare concerti rap (vietati al pubblico femminile) e consentire alle donne di guidare non sia certo sufficiente a qualificarsi come una società moderna, non già rispetto alle nazioni occidentali ma in confronto alla maggioranza dei Paesi arabi.