Inguaiato da un selfie con la Merkel, rifugiato fa causa a Facebook

La foto del 19enne Anas Modamani viene spesso erroneamente associata sul social network ad attentati e fatti criminali

Inguaiato da un selfie con la Merkel, rifugiato fa causa a Facebook
 Merkel con un rifugiato siriano

Berlino - Il suo selfie a Berlino con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, era diventato virale e lo aveva reso famoso, facendo viaggiare la sua faccia per la Rete. Questo però ha creato al giovane rifugiato siriano anche parecchi problemi: la sua immagine è finita associata, più e più volte, a false notizie di terrorismo. Per questo, il 19enne Anas Modamani ha denunciato Facebook, accusando la società di non aver fatto abbastanza per difenderlo da post diffamatori con la sua immagine.


Il selfie che lo ha reso famoso

Il giovane, scappato da Darayya, un sobborgo di Damasco duramente colpito dalla guerra civile, era approdato, dopo aver attraversato Turchia, Grecia e Serbia, in un centro rifugiati nella capitale tedesca. Lì, il 10 settembre 2015, aveva incontrato la Merkel in visita e scattato il selfie (senza neanche sapere chi fosse, ma immaginando che si trattasse di una personalità). Quella foto diventò velocemente il simbolo della risposta tedesca alla crisi dei migranti, in un momento di forte tensione e contrasti in Europa su come gestire l'emergenza.

Proliferano i post che lo accusano di essere un terrorista

Da allora, però, l'immagine è riapparsa altre volte in post nei quali si sosteneva che Modamani fosse coinvolto in attività criminali e terroristiche. Addirittura il 19enne era stato erroneamente identificato come Najim Laachraoui, uno dei terroristi coinvolti negli attentati a Bruxelles. Post simili sono apparsi anche dopo l'attacco kamikaze ad Ansbach, nel luglio scorso in Germania, ad opera di un giovane rifugiato siriano. 

Un fenomeno noto sulla Rete dove, all'indomani di atti violenti, proliferano false indicazioni e foto dei presunti 'responsabili'.

Attentato a Berlino, le bufale sul web e le foto dei 3 'colpevoli'

Di nuovo, lo scorso Natale, la sua immagine era finita in un post su Facebook nel quale si affermava che il 19enne siriano faceva parte di un gruppo che aveva tentato di dare fuoco a un senzatetto in una stazione della metropolitina di Berlino. I veri autori si erano poi consegnati alla polizia, ma quel post era stato condiviso da circa 500 utenti e visto da decine di migliaia di persone. C'è chi aveva suggerito nei commenti di "mettere a fuoco loro invece!!!". 

"Ogni volta che succede qualcosa che ha a che fare con i rifugiati, lui viene tirato fuori come un'icona, il modello di rifugiato della Merkel, e associato a ogni sorta di atti criminali", ha sottolineato il suo avvocato, Chan-jo Jun, convinto che "nessuno deve fare i conti con diffamazioni e insinuazioni". 

Sotto accusa Facebook e un politico di destra 

Sul banco degli accusati è finita Facebook Europa e un politico del partito populistadi destra 'Alternative for Germany' che ha postato sul suo profilo Fb l'immagine di Modamani collegata all'attaco all'homeless e si è rifiutato di cancellarla. Da allora, l'azienda di Mark Zuckerberg ha preso provvedimenti in alcuni casi, in particolare rispetto all'attentato del luglio scorso, ma non in altri casi successivi, nonostante i ripetuti tentativi di segnalarla ai moderatori. 

Un portavoce di Facebook ha confermato che è stata "ricevuta una richiesta di rimozione da parte di Jun a proposito di uno specifico contenuto sulla nostra piattaforma che viola i diritti di Modamani. L'accesso a questo contenuto è stato velocemente disabilitato quindi non crediamo che ci siano le basi per una sua richiesta di ordinanza". La corte di Wurzburg, però, ha deciso di convocare la società per il 6 febbraio.

La battaglia di Mark Zuckerberg contro le 'fake news'

La questione è all'ordine del giorno per Facebook, finita al centro delle polemiche dopo le elezioni presidenziali Usa per non aver arginato le 'bufale' che, secondo i sostenitori di Hillary Clinton, avrebbero favorito la vittoria di Donald Trump. Un'accusa respinta da Zuckerberg che tuttavia, poche settimane dopo, aveva deciso di reagire annunciando un pulsante anti-bufale sul social network.

Facebook e le notizie false. Arriva il pulsante anti-bufale

 

Il tema è molto sentito anche in Germania dove, il mese scorso, il ministro della Giustizia, Heiko Maas, ha proposto una nuova legge che imponga a Facebook di cancellare notizie false o diffamatorie nel giro di 24 ore, pena una multa di 500mila euro. 


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