Israele e Hamas sono di nuovo a un passo dalla guerra: sono oltre 700 i razzi sparati dalla Striscia di Gaza contro lo Stato ebraico in poco più di 24 ore. Una pioggia di fuoco alla quale l'esercito israeliano (Idf) ha risposto bombardando pesantemente l'enclave palestinese, con oltre 260 obiettivi militari di Hamas e Jihad islamica colpiti da raid aerei. Il bilancio finora è di quattro civili morti (tre ad Ashkelon e una ad Ashdod), e di 3 feriti gravi in Israele. Altre 60 persone sono state ferite lievemente, alcune correndo verso i rifugi antiaereo, e in 62 sono state trattate per lo shock.
Nella Striscia si contano 22 vittime palestinesi, tra le quali due donne incinte e la nipote di 14 mesi di una di loro. Sulla loro morte si è scatenata una polemica tra Hamas e le autorità israeliane che hanno smentito ogni responsabilità e hanno incolpato un razzo del movimento islamico caduto nella Striscia. Tra i morti, c'è anche un comandante di Hamas, il 34enne Hamad al-Khodori, accusato dall'Idf di essere l'anello di collegamento con l'Iran per far entrare il denaro della Repubblica islamica nella Striscia di Gaza attraverso la sua rete di cambi valuta nell'enclave palestinese.
Verso la "guerra totale"?
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto per oltre cinque ore una riunione del gabinetto di sicurezza, incaricando l'esercito di continuare gli attacchi. Dall'altro lato, esponenti di Hamas e della Jihad islamica non escludono la possibilità che l'attuale round di combattimenti nella Striscia di Gaza possa portare a una guerra totale con Israele.
Le forze israeliane hanno interrotto le forniture di carburante che attraverso 17 autobotti erano state fatte entrare in giornata, dopo che un razzo è esploso nei pressi di uno dei camion. Il ministro israeliano dell'Energia, Yuval Steinitz, ha ordinato lo stop temporaneo al gas naturale pompato dal giacimento di gas offshore di Tamar, citando "ragioni di sicurezza". Il gas naturale viene pompato attraverso un impianto situato a circa 20 chilometri dalla costa di Ashkelon, nel sud di Israele, utilizzando un solo tubo.
Il timore di un'escalation
Il timore tra le gerarchie militari israeliane è l'allargamento del 'fronte' a nord, verso Tel Aviv e oltre, con il lancio di missili con una gittata più lunga che possano colpire la zona centro-settentrionale del Paese. Le autorità sono anche preoccupate che Hezbollah si possa unire, lanciando attacchi dal sud del Libano verso il nord di Israele. Il sindaco di Netanya, città costiera a 30 chilometri a nord di Tel Aviv, e quello di Kfar Saba, nel centro del Paese, hanno ordinato l'apertura dei rifugi pubblici come misura precauzionale.
Intanto, la brigata di fanteria Golani è stata dispiegata al confine di Gaza come rinforzo, in aggiunta alla 7 brigata corazzata già trasferita in precedenza. Il portavoce della Jihad Islamica, Mosab Al Braim, ha minacciato un'escalation fino ad arrivare "a una guerra aperta". Sono già tre i conflitti combattuti da Israele nella Striscia di Gaza: nel 2008-2009 (operazione Piombo fuso), 2012 (operazione Pilastro di difesa) e 2014 (operazione Margine di Protezione).
La comunità internazionale si è mobilitata sostenendo il diritto di Israele di difendersi ma chiedendo la fine delle violenze e il ritorno al cessate il fuoco che era stato raggiunto il mese scorso da Israele e Hamas, sotto l'egida di Egitto e Onu. L'inviato speciale dell'Onu, Nickolay Mladenov, ha condannato il lancio di razzi da Gaza e ha lanciato un appello alla de-escalation: "È tempo di ritornare agli accordi dei mesi passati prima che sia troppo tardi". Sulla stessa linea il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, che pur ribadendo che "Israele ha tutto il diritto di difendersi", ha espresso la speranza che si possa "ritornare al cessate il fuoco che è stato in vigore per settimane".
Alcuni media arabi hanno riportato la notizia secondo la quale emissari dei due gruppi sarebbero in Egitto per una mediazione, mentre un portavoce della Jihad islamica ha detto ad alcuni media israeliani che non ci sono colloqui e negoziati per porre fine alle attuali ostilità. Nel frattempo, i media di Gaza riferiscono che le fazioni della striscia hanno ribadito all'Egitto che intendono attaccare Tel Aviv e altre parti del centro di Israele stasera. Il portavoce della Jihad islamica Musab al-Braim ha detto che "la resistenza è alle soglie di una nuova fase di respingimento dell'aggressione israeliana che potrebbe portare a una guerra aperta".