di Francesco Russo
Roma - Le spartizioni e le secessioni con le quali è probabile si concludano i conflitti in Siria e in Iraq non concluderanno le ostilità in quell'area martoriata ma, anzi, porranno le basi per una nuova escalation tra le potenze già in lotta nell'area. E' la fosca previsione del professor Franco Cardini, lo storico il cui intervento, incentrato sui concetti di confine e identità, ha aperto il convegno dedicato alla macroregione adriatico-ionica inserito nel programma del Festival della Diplomazia. "Bisognerà stare molto attenti alla ridefinizione dei confini, che servirà a creare i presupposti per le future guerre", ha affermato il medievalista fiorentino, "in particolare, se in Iraq verrà costruito un piccolo staterello sunnita, quest'ultimo di fatto sarà una nuova incarnazione dell'Isis, seppure con una facciata più rispettabile".
"Lo scopo di questo staterello sarà infilare una freccia nel fianco della Repubblica Iraniana, sarà lì che verranno installati i missili con testata nucleare puntati verso Teheran", ha proseguito Cardini, "c'è un piano ma c'è anche un contropiano, bisogna vedere quale funzionerà, Putin mi sembra un buon tattico ma ci vorranno decenni per capire se sarà stato anche un buon stratega: la Russia si è bagnata nel Mediterraneo ben oltre le caviglie e le sue basi navali a Tartus e Latakia non sono uno scherzo". Il professore ha contestato entrambi i principali schieramenti che stanno polarizzando il dibattito politico: i globalisti e i nazionalisti. Se i primi non si rendono conto che le identità culturali sono insopprimibili, i secondi considerano l'identità qualcosa di statico. "Credo profondamente nel principio identitario ma le identità sono come cerchi nell'acqua che si sovrappongono, si tratta di un concetto dinamico e molteplice", ha affermato Cardini, "io stesso ho più di un'identità: ho un'identità italiana, ho un'identità fiorentina, ho un'identità cattolica che alcuni miei concittadini non condividono, e anche il fatto di essere un uomo ultrasettantenne mi dà un'identità che mi differenzia da una giovane ragazza".
"Gli Stati nazione sono realtà convenzionali e transitorie", ha concluso lo storico, ricordando che quando cadde l'impero ottomano e le potenze vincitrici decisero a tavolino i "pessimi" confini dei nuovi stati, gli arabi non possedevano nemmeno nel loro vocabolario la parola "nazione". "L'idea di nazione era incomprensibile per un arabo", ha concluso, "il principio di autodeterminazione dei popoli che concluse la conferenza di Parigi del 1919 distrusse l'universalismo romano e fu disatteso per primo da Francia e Gran Bretagna che volevano conservare i loro imperi coloniali". (AGI)