Panzeri avverte, diritti umani travolti da priorità sicurezza

Il presidente della Commissione del Parlamento europeo sui diritti umani: "riportarli al centro". E sul governo Gentiloni,: "Spero sia in grado di correggere le cose sbagliate degli anni recenti"

Panzeri avverte, diritti umani travolti da priorità sicurezza
Antonio Panzeri (Imago) 

L’attenzione europea per il rispetto dei diritti umani rischia di essere sopraffatta dalle attuali priorità del realismo politico, la sicurezza e la stabilità. E’ l’allarme lanciato, dopo l’accordo con la Turchia per la gestione dei migranti e il tentativo di replicarlo in Libia, dal presidente della Commissione del Parlamento europeo sui diritti umani, Antonio Panzeri. In un’intervista all’Agi, il sessantunenne originario della provincia di Bergamo, tifoso dell’Inter, da 13 anni all’Europarlamento con il Pd, ha illustrato il principale obiettivo del suo nuovo incarico (è stato eletto il mese scorso). “Partendo dalla consapevolezza che il mondo sta mettendo sullo sfondo la questione dei diritti umani, sopraffatto dal realismo politico - ha detto nel suo ufficio alla sede di Bruxelles del Parlamento - il mio obiettivo è tentare di riportarla al centro, rendendola trasversale a tutte le politiche europee, quella sull’immigrazione, il commercio, la politica estera, cercando di politicizzarla un po’ di più”. C’è una tendenza, ha aggiunto, a ricondurre tutto alle due priorità della stabilità e della sicurezza. “Stabilità, significa un uomo forte al potere, sicurezza far fronte al terrorismo e tutto legato alla questione più generale dell’immigrazione”: nei rapporti con i  paesi terzi, questo prevale su tutto e i diritti umani rimangono solo qualcosa “da citare”. Ma non basta, secondo Panzeri: “Possiamo ancora esercitare una pressione politica: non so se sia meritato, ma l’Europa ha ancora questo alone di contesto democratico, e le posizioni che il Parlamento europeo prende in qualche modo condizionano l’attività dei paesi terzi. Magari in una prima fase si irritano, ma poi per poter avere un rapporto bilaterale con l’Ue, ne devono tenere conto. Devono sapere che il mancato rispetto dei diritti si ripercuote sul resto”.


Che cosa pensa dell’accordo con la Turchia sui migranti, e dell’iniziativa italiana con la Libia?
Abbiamo affidato a un despota la gestione dell’immigrazione, non si sa a quali condizioni, pensando che il problema fosse semplicemente risolto non ricevendo i migranti. Diverse organizzazioni hanno denunciato le condizioni e i maltrattamenti che questi migranti sopportano in Turchia e trovo giusto e corretto che da parte nostra ci sia un giudizio critico quando con Ankara dobbiamo discutere di altre questioni, i visti o l’unione doganale. Quanto alla Libia, l’Italia ha fatto un accordo con un paese privo di identità, un’entita’ astratta: dobbiamo riportare al tavolo quella parte di paese che si e’ autoesclusa. In Libia non ci sono gli hotspot, i migranti sono rinchiusi in centri di detenzione dove le condizioni sono pessime, e anche se l’opinione pubblica vuole risolvere il problema del giardino di casa e chiude gli occhi sul resto, noi non possiamo farlo.


I ministri degli Esteri Ue hanno discusso delle relazioni con l’Egitto, un paese chiave per l’immigrazione, la lotta al terrorismo e la pace in Medio Oriente, ma l’Italia deve ancora risolvere la crisi diplomatica dovuta al caso Regeni. Che posizione ha il parlamento?
“Il parlamento si è già espresso con una condanna e la richiesta di verita’. C’e’ stata una recente audizione del presidente della commissione affari esteri del Parlamento egiziano. Considero l’Egitto un paese molto importante a livello regionale: il tema della stabilita’ di quel paese e’ molto importante anche in rapporto con il Medio oriente.  Tuttavia lo e’ quanto la questione dei diritti umani che sono ampiamente sacrificati. Mi  attendo una svolta su questo terreno, pur  consapevole che quando si spinge sull’acceleratore in termini di repressione, prima o dopo scoppia il problema”.


Come vede la presidenza di Antonio Tajani nella seconda metà della legislatura?
E’ innanzitutto positivo che il presidente sia italiano dopo tantissimo tempo (40 anni ndr); fra l’altro, l’ultimo era stato  Emilio Colombo quando ancora il Parlamento europeo era fatto di cooptati non eletti. Tajani  ha di fronte due possibili scenari e dipende da lui quale scegliere. Puo’ continuare l’attivita’ del suo predecessore, soprattutto proiettata all’esterno: e’ indubbio che Martin Schulz ha elevato il Parlamento europeo a soggetto innanzitutto conosciuto e poi che interloquisce con gli altri poteri istituzionali europei oltre che nazionali. L’altra opzione e’ di fare il semplice gestore dell’attivita’ parlametare. Mi auguro che abbia forza, capacita’ e volonta’ per continuare sulla prima strada.


La situazione dell’Europa è particolarmente delicata in vista delle prossime scadenze elettorali. Che può fare il parlamento?
Ci sono elezioni nazionali in Francia, Germania e forse in Italia ma non dobbiamo dimenticare che ci sono anche le elezioni europee  nel 2019: far conoscere di piu’ e rendere protagonista  il Parlamento  e’ essenziale in vista di queste scadenze e in una fase cosi’ problematica e triste per l’Europa. Ma vedo anche qualche segno di cambiamento: qualche mese fa si ipotizzava la vittoria delle forze lepeniste in Francia e una stantia riconferma della Merkel in Germania, mentre oggi mi pare ci sia un quadro nuovo. In Francia c’e’ questo Macron che sta diventando un protagonista da tenere in considerazione, mentre anche la battaglia delle primarie socialiste ha promosso un soggetto piu’ radicale dell’ex premier francese e dello stesso presidente:  puo’ darsi che raccolga qualche consenso in piu’.  In Germania la scelta di Schulz come abbiamo visto nei  sondaggi e' un'opportunita' per il partito socialdemocratico. Magari ci troveremo di fronte a novita’ che fino a qualche mese fa non erano assolutamente prevedibili. E anche se l’elezione di Donald Trump influisce enormemente sulle vicende politiche internazionali, spero sia soprattutto per merito di un’opinione pubblica che comprende finalmente che bisogna assolutamente evitare il precipizio. 


Passiamo alla situazione italiana. Come vede il governo Gentiloni?
Girando per il paese non vedo nessuno che rimpiange il predecessore. La gente non è piu’ soffocata dal ritmo dei tweet, con cambiamenti di scenario ogni cinque minuti: c’è quasi una normalità, anche se i problemi non sono superati e resta il bisogno di fare una politica economica e industriale degna di  questo nome, oltre a politiche che riescano ad assorbire le sacche importanti di sofferenza e povertà, combattere le disuguaglianze sociali. Spero che il governo Gentiloni sia in grado di correggere le cose sbagliate degli anni recenti. Ma ci sono appuntamenti importanti, il G7 a Taormina e l’anniversario del trattato di Roma: e’ bene che ci si predisponga per affrontarli con relativa tranqullita’ e lungimiranza. Il mio auspicio e’ quindi che il governo possa andare avanti e si voti alla scadenza naturale della legislatura, nel 2018.


Quale potrà essere il candidato premier del centro sinistra?
Molto dipende dalla legge elettorale. Se la tendenza e’ quella verso un sistema proporzionale che misura la forza dei singoli partiti o che premia le coalizione, il candidato e’ si’ importante ma non decisivo come nei sistemi elettorali del tipo francese. Bisognera’ vedere quali saranno i rapporti di forza. Negli ultimi mesi Matteo Renzi ha perso parte del suo fascino: dopo il successo del 2014 con il 40% dei voti alle europee ci sono stati due momenti molto difficili, le elezioni amministrative e il referendum. Difficile oggi identificare il candidato, ma se votiamo nel 2018 abbiamo il tempo di pensarci.