Meno di una settimana dopo la sonora sconfitta elettorale del suo partito nelle elezioni legislative olandesi (-19%, da 38 a 9 seggi in parlamento), il ministro delle Finanze e presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha perso anche la sua, consueta cauta freddezza. Con la sua sparata considerata inutilmente offensiva nei confronti dei paesi del Sud dell'Europa, quella secondo cui "non posso spendere tutti i miei soldi in alcol e donne e poi chiedere sostegno", ha provocato un'ondata di indignazione a tutti i livelli. Il suo nome, difficilissimo da scrivere e pronunciare correttamente, è ora citato innumerevoli volte e in molte lingue diverse sui social network, dove si ricorda prevalentemente, con più o meno sarcasmo, che nel paese di Dijsselbloem sono diffusi i "coffee shop" e le "ragazze in vetrina". Ma a contestarlo sono anche i più alti livelli della politica, con il Partito socialista europeo, di cui il partito laburista di Dijsselbloem fa parte, che definisce le sue parole "vergognose e inaccettabili". Solo due giorni fa, i ministri dell'Eurozona gli avevano espresso rinnovata fiducia a dispetto della probabile perdita del posto di ministro delle Finanze nel prossimo governo olandese, ricordando che il suo incarico scade a gennaio 2018. Ma le cose potrebbero andare diversamente, anche se lo stesso Dijsselbloem si è difeso dagli attacchi, escludendo di avere intenzione di dimettersi e dicendosi "spiacente" per le offese arrecate, perché la sua frase non si riferiva ai paesi del sud, ma a tutti.
Quello scontro fisico sfiorato con Varoufakis
Nato a Eindhoven quasi 51 anni fa, Dijsselbloem, che vive con la compagna in una cittadina universitaria a un centinaio di chilometri da Amsterdam ed è padre di due figli, ministro dal 5 novembre 2012, è stato nominato presidente dell'Eurogruppo il 21 gennaio del 2013. Il suo predecessore Jean-Claude Juncker aveva guidato i ministri dei paesi euro per 8 anni, a partire dalla creazione dell'organismo. La sua prima promessa è stata quella di ridurre la durata delle riunioni dei ministri, dopo gli anni della crisi greca in cui erano frequenti le nottate attorno al tavolo dei 19 ministri. Ma con la vittoria di Syriza alle elezioni greche e il governo Tsipras, nel 2015 anche Dijsselbloem è stato costretto a presiedere lunghe riunioni notturne dell'Eurogruppo. Alla fine, dopo l'uscita dal governo greco del principale "avversario" Yanis Varoufakis (con il quale, in una riunione del febbraio 2015, secondo quanto si è saputo successivamente, stava per avere uno scontro anche fisico dopo le accuse reciproche di mentire), Dijsselbloem è riuscito nel luglio di quell'anno ad avviare un terzo programma di aiuti internazionali. A dispetto della sua appartenenza politica alla famiglia socialdemocratica europea, Dijsselbloem è sempre stato considerato un "falco", vicino alla Germania nella difesa dell'austerità contro la disinvoltura con cui i paesi del sud dell'Europa hanno considerato la spesa pubblica negli anni passati. E pur avendo recentemente sottoscritto l'approccio "flessibile" adottato negli ultimi anni dalla Commissione europea, concedendo spazio alle decisioni di finanza pubblica a Italia, Portogallo, Spagna e Francia, ancora in una intervista di un paio di mesi fa, è tornato a dire, riferendosi all'Italia, che "il rigore non è la causa di una crescita debole: i bilanci devono essere in ordine" anche se questo obiettivo si puo' raggiungere con gradualità. E in questa tendenza rientra anche l'ultima dichiarazione, quella che potrebbe costargli la presidenza dell'Eurogruppo prima del tempo.
"Non mi dimetto". Renzi: "Prima se ne va meglio è"
"Non ho intenzione di dimettermi. Sono spiacente che qualcuno si sia offeso per la mia osservazione. Era severa, viene da una cultura olandese severa e calvinista": travolto dalle polemiche sulla sua frase "infelice", Jeroen Dijsselbloem si è oggi giustificato così, parlando ai media olandesi. La reazione è giunta dopo che per tutta la giornata, si sono moltiplicati gli appelli perché il ministro delle Finanze olandese si dimetta da presidente dell'Eurogruppo. Le parole dette in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, letteralmente "non posso spendere tutti i miei soldi in alcol e donne e poi chiedere sostegno", sono "razziste, xenofobe e sessiste", ha detto il premier del Portogallo Antonio Costa durante una conferenza stampa a Lisbona. "L'Europa sara' credibile come progetto comune sulo il giorno in cui Dijsselbleom smetterà di essere capo dell'Eurogruppo e si scusera' chiaramente con tutti i paesi e i popoli che sono stati profondamente offesi dalle sue dichiarazioni", ha spiegato Costa. "Dijsselbloem ha perso una ottima occasione per tacere", ha scritto su Facebook l'ex premier italiano Matteo Renzi: "gente come Dijsselbloem, che pure appartiene al partito socialista europeo anche se forse non se ne è accorto, non merita di occupare il ruolo che occupa. E prima si dimette meglio è. Per lui ma anche per la credibilità delle istituzioni europee".
Ma Schaeuble difende il collega olandese
"In un'intervista con un giornale tedesco - ha precisato Dijsselbloem - ho sottolineato l'importanza di solidarietà e reciprocità all'interno dell'Unione, in cui tutti dovrebbero rispettari gli accordi, sicuramente quando a un certo punto hai bisogno di assistenza finanziaria e chiedi agli altri sostegno finanziario". Secondo il presidente dell'Eurogruppo, "è molto infelice che si sia fatto un collegamento fea una frase che era sul Nord e il Sud dell'Europa e il principio di reciprocita'".
Prima ancora di questa spiegazione, il governo tedesco non ha voluto condannare le parole di Dijsselbloem. "Non diamo voti di stile su espressioni utilizzate in un'intervista", ha spiegato un portavoce del ministero delle Finanze, "i aspettiamo, fino a quando questo governo è in carica all'Aja, di avere un presidente dell'Eurogruppo pienamente funzionante". Wolfgang Schaeuble sembra quindi confermare la sua fiducia nel collega olandese. Ma in altre capitali europee l'atteggiamento è diverso. La commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha definito le dichiarazioni di Dijsselbloem "sbagliate". Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha ricordato che nei confronti dei paesi del Sud ha sempre espresso "rispetto, simpatia e perfino amore". Il Partito socialista europeo ha definito Dijsselbloem una "vergogna". Ma anche il centrodestra ha reagito con durezza. "La zona euro è responsabilità, solidarietà e anche rispetto. Non c'è spazio per gli stereotipi", ha scritto il presidente del gruppo Ppe all'Europarlamento, Manfred Weber, in un messaggio indirizzato via Twitter a Dijsselbloem.
Le reazioni in Italia. Gentiloni glissa
Particolarmente accesa la polemica in Italia, dove, anche se non era l'oggetto esplicito della frase del presidente dell'Eurogruppo non si è espresso solo Renzi. Le richieste di dimissioni sono state trasversali, dal governo all'opposizione. Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha detto di essere "rimasto molto colpito" dalle "parole irricevibili" di Dijsselbloem: senza scuse sentite e chiare, formali e pubbliche" va messa in discussione "la sua permanenza" come presidente dell'Eurogruppo.
"Quelle parole sono la rappresentazione migliore di questa Europa di matti", ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini. L'ex premier ed ex presidente della Commissione europea Romano Prodi ha invece affermato ironicamente di aver colto nelle parole di Dijsselbloem "un grande senso di invidia...". Anche il Movimento 5 Stelle, ben rappresentato al Parlamento europeo e i cui esponenti erano presenti ieri alla contestata audizione del presidente dell'Eurogruppo a Bruxelles, ha chiesto le "immediate dimissioni" di Dijsselbloem, commentando la sconfitta elettorale del suo partito come la prova che "sono questi signori dell'austerità ad aver vissuto al di sopra delle loro possibilita'". In un settore diverso dell'emiciclo parlamentare italiano, la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni su Facebook ha rincarato: "Dijsselbloem si dimetta subito e il Governo italiano pretenda scuse ufficiali". "Non inseguiamo le volgarità che abbiamo ascoltato" è infine la laconica risposta del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni.