(AGI) - Roma, 20 ott. - Un anno dopo il picco delle polemiche contro l'Ungheria, che lo scorso anno aveva eretto una barriera di filo spinato intorno al confine con la Serbia per frenare l'afflusso di migranti, "la maggior parte dei paesi fondatori della Ue ha chiuso le frontiere e noi avevamo detto che la crisi dei migranti avrebbe messo in pericolo l'accordo di Schengen, che abbiamo difeso per difendere la Ue". Lo ha affermato l'ambasciatore ungherese in Italia, Peter Paczolay, rispondendo alle domande degli studenti al termine della sua lecture presso la Facolta' di economia di Tor Vergata, nell'ambito del Festival della Diplomazia.
Paczolay, ex presidente della Corte Costituzionale magiara, ha definito il processo di respingimento dei migranti "molto doloroso" in virtu' dei "decenni trascorsi a occuparmi di diritti umani" e ha espresso gratitudine per lo sforzo dimostrato dall'Italia nell'accogliere i flussi in arrivo dal Mediterraneo". "E' difficile ma devo dirlo: non c'e' piu' lo Stato se chiunque puo' entrare da 5 mila punti di accesso diversi", ha proseguito l'ambasciatore, "cio' e contro Schengen, che regola in maniera molto rigida chi puo' entrare e da dove; lo feci presente ai vostri senatori e mi resi conto che alcuni di loro non conoscevano il contenuto del trattato".
Paczolay si riferisce all'audizione del 23 settembre 2015 presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, durante il quale aveva affermato che in quel momento Budapest aveva ricevuto 173 mila richieste di asilo, delle quali "poco piu' di un terzo da persone che hanno dichiarato nazionalita' siriana e un quarto da afghani; ad esempio, pero', un 14% era costituito da kosovari e molti altri venivano dal Bangladesh". "Continuando con questo ritmo a fine anno arriveremo a 4-500 mila persone, una sfida molto pesante per un Paese di 10 milioni di abitanti", aveva aggiunto. E' interessante ricordare, a tale proposito, che l'articolo XXIII della Costituzione ungherese prevede che le persone alle quali l'Ungheria garantisce diritto d'asilo guadagnano il suffragio passivo alle elezioni dei rappresentanti locali e dei sindaci. L'ambasciatore ha rigettato l'etichetta di "populista" affibbiata da molti a Fidesz, il partito del primo ministro Viktor Orban, ricordando che "un partito politico populista di estrema destra in Ungheria c'e' e le politiche migratorie del governo ne hanno fatto calare i consensi del 10%". Paczolay si riferisce qua a Jobbik, una delle formazioni di destra radicale piu' intransigenti d'Europa, protagonista di episodi come la manifestazione di fronte al World Jewish Congress di Budapest nel maggio 2013, durante la quale i manifestanti avevano affermato di protestare contro "il tentativo giudaico di comprare l'Ungheria".
In realta' le elezioni parlamentari del 2014, conclusesi comunque con una vittoria del partito di Orban (sceso pero' al 44,87% dal 52,73% del 2010), avevano visto i consensi di Jobbik salire addirittura al 20,22% dal 16,67% della precedente consultazione. E' dunque probabile che Paczolay si riferisca alle municipali dell'ottobre 2014, quando Jobbik accuso' una frenata, prendendo solo il 7,10% dei voti alle elezioni per il sindaco di Budapest.
L'ambasciatore ha poi rigettato le accuse di euroscetticismo rivolte all'Ungheria, affermando che si tratta "del Paese dove la Ue e' piu' popolare dopo la Polonia". "Non siamo assolutamente euroscettici ma non vogliamo fare quello che dice la Germania o sottostare a decisioni prese altrove", ha dichiarato, "non crediamo nell'allentare i legami ma nel trovare una soluzione che massimizzi i vantaggi di essere membri della comunita' europea". Quanto al referendum promosso dal governo sulle quote di redistribuzione dei migranti, il capo della diplomazia magiara ha ironizzato che il verdetto del 2 ottobre "ha soddisfatto tutti". Il referendum era risultato invalido perche' solo il 43,3% degli aventi diritto si era recato alle urne ma il 98% di essi si era espresso contro le quote. (AGI)
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