Dopo l'estate più calda della sua storia, in Germania si annuncia un autunno di fuoco. Il colosso economico al centro del Vecchio Continente, la locomotiva tedesca con il mito della stabilità, teme di svegliarsi tra qualche settimana con la febbre alta. I sintomi sono tanti: l'ultimo, annunciato ieri, il calo della produzione industriale, che a giugno segna un -1,5% rispetto al mese precedente, laddove la flessione anno su anno è addirittura del 5,2%, ossia il peggiore degli ultimi dieci anni.
Un segnale che gli economisti certo non sottovalutano, anche perché l'onda lunga della malattia tedesca facilmente si farà sentire in tutta l'Eurozona: "Se l'industria tedesca, come sembra, non uscirà dalla recessione, questa persistente debolezza potrebbe far soffrire anche le economie degli altri Paesi", ha detto ieri all'Agi Robert Lehmann dell'autorevole istituto Ifo. Che sottolinea come questa nuova fragilità tedesca parte dal cuore stesso della sua industria, ossia il manufatturiero e il settore dell'automobile, e non solo per il precipizio del diesel.
Non solo a Berlino, ma anche nelle altre grandi capitali europee si guarda con preoccupazione a questi dati: è attesa una contrazione dell'economia tedesca anche nel secondo trimestre, un'incertezza che ovviamente ha anche a vedere con la guerra commerciale ingaggiata tra Usa e Cina e ancor più ovviamente con la Brexit. Nessuno, neanche a Francoforte, si spinge a previsioni certe, ma la paura di quale possa l'impatto dell'onda lunga dello tsunami britannico è moneta corrente.
Poi c'è la politica: "Nonostante le continue rassicurazioni di Angela Merkel, a Berlino circolano decine di 'piani B' relativi ad una possibile caduta della Grosse Koalition", confessano una gola profonda della Cdu. E se da questo punto di vista hanno quasi assunto un valore simbolico le crisi di tremore della cancelliera che hanno fatto il giro delle cronache di tutto il mondo, con annesse infinite speculazioni su chi sarà il suo successore dopo 16 anni di merkelismo, le fosche previsioni su governo hanno ovviamente molto a che vedere con la crisi devastante dell'Spd: negli ultimi sondaggi il partito che fu di Brandt e di Schmidt è sprofondato sotto il 12%, un risultato inferiore alla soglia più bassa raggiunta nelle urne nella storia ultracentenaria dei socialdemocratici tedeschi.
Una prospettiva che ha come contraltare il boom dei Verdi, che in compenso sono schizzati oltre il 20% dei consensi a livello nazionale. I vertici segreti tra i big dei vari partiti si sprecano, per capire se all'orizzonte ci possano essere governi impensabili fino a ieri, con i Verdi a fare da perno nelle varie combinazioni possibili, dalla variante "Giamaica" di una coalizione con i liberali, all'ipotesi ogni tanto riaffiora di una patto "rosso-rosso-verde" che escluderebbe evidentemente i cristianodemocratici di Annegret Kramp-Karrenbauer, nonostante il 27,9& delle scorse europee, con un calo di 7 punti.
Ma non è solo questo: il colpo fatale al governo potrebbe arrivare alla GroKo dalle prossime, cruciali, elezioni in tre Laender dell'Est. In Sassonia e in Brandeburgo si vota per il rinnovo del Landtag il primo settembre, alla Turingia tocca il 27 ottobre. Ebbene, sempre stando ai sondaggi, questi tre voti potrebbero portare con sè una tempesta di prima grandezza, con l'ultradestra dell'Afd che ha ottime probabilità di diventare primo partito sia in Sassonia che in Brandeburgo: comunque, le attuali coalizioni di governo potrebbero non sopravvivere in nessuno di questi tre Laender.
Il punto, dicono i commentatori tedeschi, è che questo triplo voto potrebbe consegnarci una nuova divisione della Germania: da una parte un Paese dominato da Cdu e Verdi, dall'altra un Paese in cui il campione è l'Afd. "Nei Laender dell'Est intendiamo scrivere la storia", ripetono all'unisono i capi dell'ultradestra tedesca.
Perché è qui, nella ex Ddr, che la formazione nazional-populista intende giocarsi il tutto per tutto: cominciando dalla Sassonia, dove il cristiano-democratico Michael Kretschmer potrebbe perdere la sua maggioranza, con l'Afd che viene data con risultati superiori al 25% dei voti. Non è un caso se negli ultimi sei mesi l'ultradestra abbia messo in programma ben 800 eventi di campagna elettorale all'Est, a quanto scrive lo Spiegel.
D'altronde, lo scenario è in tutto favorevole all'Afd: in Brandeburgo insidia il primo posto alla Spd con il 23% delle preferenze, in Turingia viaggia intorno al 24%, sotto di un punto alla Linke, il partito della sinistra, e con tre punti di vantaggio rispetto alla Cdu di Frau Merkel. Complessivamente, il potenziale dell'ultradestra all'Est è dato intorno al 25%.
In Turingia il "frontman" dell'ultradestra è uno dei suoi esponenti più controversi, ossia il capogruppo Bjoern Hoecke, che due anni fa fece furore per un discorso in cui aveva definito un "monumento della vergogna" il Memoriale dell'Olocausto di Berlino. Insomma, il problema è che, nonostante un tentativo (fallito) di espellerlo dal partito, Hoecke è una delle personalità più popolari dell'Afd: ergo, dicono i giornali, se anche qui l'ultradestra dovesse uscire trionfatrice tutto il partito potrebbe essere sospinto verso la sua anima piu' nazionalista e "radicale".
La questione è cosa faranno gli altri partiti se le previsioni saranno confermate e l'Afd dovesse rivoluzionare il paesaggio politico di quella che fu la Ddr (non a caso l'ultradestra sta facendo campagna con manifesti elettorali che giocano con rimandi ai tempi che precedettero la caduta del Muro)? Molti speculano su possibili accordi, in realtà difficilissimi, tra cristiano-democratici e Verdi se anche all'est gli ambientalisti dovessero migliorare le proprie posizioni, e contemporaneamente tutti i grandi partiti, la Cdu in testa, ripetono incessantemente che non ci potrà mai essere alcuna forma di alleanza con l'ultradestra. In realtà, come scrive oggi lo Spiegel, in diverse realtà locali qualche abboccamento Afd-Cdu c'è già stato. Altro che stabilità, feticcio-mito della Germania: la locomotiva tedesca potrebbe andare in corto-circuito.