Roma - Meno pomodori e arance, piu' vino Neozalendese e meno Chianti. E Cheddar al posto del Roquefort. Potrebbe essere questa la prospettiva del consumatore britannico all'indomani della decisione dei cittadini del Regno Unito di lasciare la Ue. Secondo la Bbc, che elabora dati di numerosi centri di ricerca, istituzioni pubbliche e uffici di statistica (dal Tesoro britannico al dipartimento per il Commercio) la vittoria del 'Leave' comportera' non poche rinunce per la tavola dei sudditi di Sua Maesta'. Pomodori in primis. Quasi il 90% dei pomodori sul mercato inglese sono importati da paesi Ue, la maggior parte dall'Olanda (il 40%) e dalla Spagna (il 35%) e un rialzo delle tariffe di importazione farebbe ovviamente aumentare i prezzi.
Un duro colpo subirebbe il comparto degli agrumi: la Gran Bretagna importa circa 770 milioni di tonnellate di agrumi l'anno, soprattutto dalla Spagna (il 40%) e un aumento dei costi di importazione farebbe ovviamente crescere il prezzo di arance e limoni per i cittadini di Sua Maesta'. L'effetto Brexit a tavola potrebbe sentirsi anche sul consumo di asparagi, prodotto stagionale di cui i britannici sono ghiotti e che richiede un massiccio intervento di manodopera comunitaria (il 6% dei lavoratori dell'agricoltura in Gran Bretagna e' rappresentata da stranieri). La carenza di manodopera potrebbe dunque avere effetto sui raccolti e dunque sui prezzi. Senza considerare che, in generale, circa la meta' degli introiti dell'agricoltura britannica proviene dai sussidi comunitari e dunque la Brexit ridara' certamente a Londra un maggior margine di manovra sulla spesa, ma sono molti a essere preoccupati della tenuta del comparto agricolo del regno Unito senza il supporto della Politica Agricola Comune.
Costeranno sicuramente di piu' i formaggi, considerato che sulle tavole inglesi il 62% dei formaggi e il 98% dei derivati arrivano da paesi Ue. Se i prezzi come si presume saliranno, gli inglesi dovranno fare a meno del Parmigiano e del Roquefort a favore del piu' economico Cheddar nazionale. Costera' molto di piu' il vino, considerato che l'Unione europea applica una tariffa del 32% sull'export delle bottiglie verso i paesi non Ue. Potrebbero diventare molto piu' cari quindi, i vini importati da Italia, Spagna e Francia, anche se il regno Unito sta negoziando una serie di accordi per rimuovere le barriere doganali sui vini provenienti da Nuova Zelanda e California. La Brexit invece potrebbe non incidere sul guardaroba dei cittadini britannici: scarpe e abbigliamento non dovrebbero essere sottoposti a dazi di ingresso e le autorita' britanniche tendono a garantire una discreta liberta' e concorrenza ai negozi delle principali citta' inglesi. Il deprezzamento della sterlina avra' effetti anche sulle tariffe aeree. Per ottenere tariffe standard con quelle europee, il governo britannico dovra' negoziare l'accesso alla Ecaa, l'Area comune Europea di Aviazione.
Alternativamente Londra dovrebbe negoziare un accordo bilaterale in questo settore con Bruxelles. La Brexit infine comportera' tempi piu' lunghi e costi superiori per le importazioni di automobili a causa della burocrazia. L'uscita di Londra dall'Unione portera' infine un taglio netto dei contributi che il Regno Unito versa nelle casse di Bruxelles. Il Tesoro inglese stima che la riduzione si aggirera' attorno al 25%. Oggi, paesi non membri come la Norvegia e la Svizzera, contribuiscono in minima parte al budget europeo e spettera' al governo inglese decidere in che misura versare. (AGI)