Rio de Janeiro - La Corte Suprema brasiliana ha revocato il nuovo blocco del sistema gratuito di scambio di messaggi, immagini e filmati Whatsapp. Blocco deciso nel pomeriggio da un tribunale brasiliano di grado inferiore che ne aveva disposto il blocco in tutto il Paese perhce' la societa' americana si e' rifiutata, come altre volte in passato, di fornire alla polizia dati necessari a un'indagine. E' almeno la quarta volta che la societa' controllata da Facebook si vede sospendere i servizi per non aver collaborato con la giustizia. Solo lo scorso aprile un giudice dello Stato di Sergipe aveva chiesto agli operatori telefonici di fermare l'operativita' di WhatsApp dopo che l'azienda non aveva voluto inviare agli inquirenti informazioni ritenute fondamentali in un'inchiesta su una rete di narcotrafficanti. Nel febbraio 2015 WhatsApp era incorsa nella stessa sanzione per essersi addirittura rifiutata di rimuovere alcune foto di bambine e ragazze coinvolte in un giro di prostituzione minorile.
La giustizia brasiliana soffre di sdoppiamento di personalita'. Mentre la Corte Suprema brasiliana ha appena revocato il nuovo blocco del sistema gratuito di scambio di messaggi, immagini e filmati, Whathsapp, il giudice Daniela Barbosa ha aperto un fascicolo per "ostruzione della giustizia" contro il responsabile in Brasile di Facebook, societa' proprietaria di Whathsapp. Si tratta dello stesso giudice che aveva deciso nel pomeriggio il blocco in tutto il Paese di Whatsapp perche' la societa' americana si e' rifiutata, come altre volte in passato, di fornire alla polizia dati necessari a un'indagine. A questo punto, per capire come andra' a finire, si drova attendere un altra decisione della Corte Suprema, ultima istanza legale in Brasile. E' almeno la quarta volta che la societa' controllata da Facebook si vede sospendere i servizi per non aver collaborato con la giustizia. Solo lo scorso aprile un giudice dello Stato di Sergipe aveva chiesto agli operatori telefonici di fermare l'operativita' di WhatsApp dopo che l'azienda non aveva voluto inviare agli inquirenti informazioni ritenute fondamentali in un'inchiesta su una rete di narcotrafficanti. Nel febbraio 2015 WhatsApp era incorsa nella stessa sanzione per essersi addirittura rifiutata di rimuovere alcune foto di bambine e ragazze coinvolte in un giro di prostituzione minorile. (AGI)