Pechino - "Lo vedi quell'ometto laggiù? E' molto intelligente e ha un grande futuro davanti a sé". Nel 1957, Mao Zedong scelse quelle parole per introdurre Deng Xiaoping a Nikita Kruschev, l'allora leader dell'Unione Sovietica. Quaranta anni dopo, il 19 febbraio 1997, il "piccolo timoniere", dopo avere traghettato la Cina fuori dalle secche della Rivoluzione Culturale, avviando la trasformazione della Cina da Paese arretrato a moderna potenza industriale, moriva a Pechino lasciando in eredità un modello politico ed economico, il "socialismo con caratteristiche cinesi" (zhongguotese shehuizhuyi), a cui i leader che sono venuti dopo di lui hanno continuato ad attenersi.
Le Quattro Modernizzazioni che rivoluzionarono la Cina
Sopravvissuto alle purghe politiche dell'era di Mao, Deng viene ricordato oggi come un leader pragmatico, fino al cinismo. "Non importa che il gatto sia bianco o nero, l'importante è che prenda il topo" è forse la sua frase più celebre, sigillo del suo modello di leadership sviluppatasi dopo la morte di Mao, nel 1976. Le aperture del sistema cinese sono state tra le riforme più importanti avviate da Deng, che nel terzo plenum del 1978, con lo slogan "la verità deve essere ricercata nei fatti", lanciò le Quattro Modernizzazioni (dell'agricoltura, dell'industria, della scienza e tecnologia e del settore militare) per trainare la Cina fuori dall'arretratezza.
Messo da parte Mao con il celebre giudizio "70% giusto, 30% sbagliato" (riferimento quest'ultimo agli eccidi della Rivoluzione Culturale) Deng ha avviato il "socialismo con caratteristiche cinesi", la formula utilizzata per l'apertura della Cina al capitalismo e ai capitali stranieri, e alla nuova epoca in cui "arricchirsi è glorioso", altro suo popolarissimo slogan che segna il deciso cambio di passo rispetto agli anni del maoismo.