Non si sa di preciso quando avverrà, ma la spina che tiene in vita il piccolo Alfie Evans verrà staccata molto presto. Forse già tra qualche ora. Affetto a soli due anni da una malattia degenerativa del sistema nervoso che i medici non sono riusciti a diagnosticare in modo preciso, Alfie è al centro di una battaglia legale che dura da mesi. Ricoverato stabilmente all’Alder Hey Children Hospital di Liverpool, il piccolo ha ora bisogno di “quiete e pace”, ha dichiarato giudice della Corte di Londra Anthony Paul Hayden dando ragione ai medici secondo cui mantenerlo in vita sarebbe “sarebbe scorretto, ingiusto e inumano”.
La decisione di mettere fine alla sua vita va contro il volere dei genitori del bimbo, Tom Evans e Kate James, entrambi ventenni, che avevano invece proposto di sottoporlo a un trattamento all’ospedale Bambino Gesù di Roma che si è detto disponibile ad accogliere il piccolo. E per allontanare il più possibile il giorno della separazione Tom e Kate avevano avviato una battaglia legale terminata solo a marzo quando la Corte europea per i diritti umani ha rigettato il caso.
Per il giudice, “sulla base dei reperti medici qualsiasi cura sarebbe futile”, riporta la BBC. Il riferimento va alla richiesta degli Evans di trasferire il piccolo all’ospedale pediatrico di Roma. “Quello che è accaduto” ad Alfie “è profondamente ingiusto” ma “ciò di cui ha bisogno ora è un buon trattamento palliativo”.
Il (momentaneo) dietrofront dell’ospedale
La scorsa settimana, si legge su Vanity Fair, dopo il tweet del Papa che esprimeva la “sincera speranza che possa essere fatto tutto il necessario per continuare ad accompagnare” Alfie e dopo l’intervento di un eurodeputato, l’ospedale Adler Hey di Liverpool aveva fatto dietrofront. Fino a mercoledì, quando è stato approvato il piano dettagliato, presentato dai medici dell’Alder Hey, per l’interruzione del trattamento di supporto vitale. Quando sarà staccata la spina, non lo si può sapere: il giudice ha detto che i dettagli di quel piano non possono essere rivelati perché “Alfie ha il diritto alla privacy” sulla fine della sua vita.
“Delusi” i genitori di Alfie
L’avvocato del Christian Legal Centre, Paul Diamond, che ha rappresentato i genitori di Alfie nell’ultima udienza, all’High Court Family Division di Londra, ha dichiarato: “Siamo ovviamente delusi dal risultato. Stiamo valutando con la famiglia qualsiasi altra azione legale possibile. Anche se la speranza appare debole, noi comunque celebriamo la vita di Alfie, l’impatto che della sua breve esistenza mostra al mondo la precarietà della vita umana. I miei pensieri e le mie preghiere sono con Kate e Tom”.
Alfie come Charlie Gard
La drammatica storia di Alfie ricorda quella di Charlie Gard, anche lui britannico e affetto a 11 mesi da una rarissima malattia genetica degenerativa: la Sindrome di deplezione del Dna mitocondriale, di cui si conoscono solo altri 16 casi, che provoca il mancato sviluppo di tutti i muscoli. Il 28 luglio scorso, come disposto dall’Alta Corte di Giustizia inglese, Charlie è stato staccato dalle macchine che lo tenevano in vita. Non senza una lunghissima lotta da parte dei genitori che hanno provato prima a trasferirlo in Usa, per una terapia mai sperimentata nemmeno sulle cavie, e poi al Bambino Gesù dove forse una cura avrebbe migliorato del 10% la sua situazione. Conny e Chris Gard hanno fatto appello alla Corte europea per i diritti umani ma la loro richiesta è stata rigettata.
E come Isaiah Haastrup
Appena un mese fa, la stessa sorte era toccata a Isaiah Haastrup. Vittima di "un catastrofico danno cerebrale" alla nascita causato da mancanza d'ossigeno, Isaiah di appena un anno aveva mantenuto un barlume di coscienza, ma non c'erano speranze di miglioramento. Secondo gli specialisti che lo avevano in cura, Isaiah non rispondeva alle stimolazioni e non c'erano possibilità di migliorare le sue condizioni. Per questo a gennaio il magistrato dell'Alta Corte britannica, contro il volere dei genitori, ha ordinato che venisse staccata la spina “nel suo miglior interesse”.