di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 6 dic. - E' stato espulso dal Partito Comunista Cinese e arrestato l'ex membro del Comitato Permanente del Politburo ed ex capo degli apparati di Pubblica Sicurezza, Zhou Yongkang, uno degli uomini più potenti di Cina fino a novembre 2012, quando ha lasciato il potere per raggiunti limiti di età al termine del Diciottesimo Congresso del Partito Comunista Cinese. Zhou, 71 anni, si trovava ufficialmente sotto inchiesta dal 29 luglio scorso per "gravi violazioni disciplinari", la formula utilizzata per indicare il sospetto di corruzione. Il suo caso è stato trasferito alla magistratura "in bea alla legge", scrive l'agenzia Xinhua che ha dato la notizia, poco dopo la mezzanotte di oggi, ora locale.
La decisione di espellere Zhou è stata presa dal Politburo del Partito Comunista Cinese, l'organo di vertice allargato a 24 membri che si è riunito oggi per decidere le linee di politica economica per il prossimo anno. Il 1 dicembre scorso, il Comitato Permanente del Politburo, vertice del potere cinese, aveva deciso di lanciare un'indagine interna nei suoi confronti dopo avere esaminato il rapporto della Commissione Disciplinare, che indagava sul suo caso. Le indagini della Commissione, diretta da Wang Qishan, altro membro dell'attuale Comitato Permanente, hanno riscontrato che "Zhou ha seriamente violato la disciplina politca organizzativa e confidenziale del partito", scrive la Xinhua. Zhou "si è avvantaggiato delle sue posizioni per cercare profitto per altri e ha accettato enormi tangenti a livello personale e per la sua famiglia", secondo il comunicato emesso dal politburo del partito.
L'ex altissimo dirigente del PCC è accusato di "avere abusato del suo potere per aiutare parenti, amanti e amici a trarre enormi profitti da business attivi, causando gravi perdite agli asset statali". Zhou Yongkang dovrà anche rispondere di "avere rivelato segreti del partito e di Stato" e di "avere commesso adulterio con un numero imprecisato di donne e di avere mercanteggiato il suo potere per sesso e denaro". Gli atti di Zhou, conclude il rapporto, "hanno completamente deviato dalla missione e dalla natura" del partito, e ne hanno "danneggiato la causa".
Prima di ascendere ai vertici del PCC e dello Stato, nel 2007, Zhou ha trascorso molta parte della sua carriera nel settore petrolifero, arrivando ai vertici di CNPC, China National Petroleum Corporation, il gigante statale degli idrocarburi cinese. Tra il 1985 e il 1988 era stato ministro del Petrolio, e successivamente, tra il 1998 e il 1999, era stato ministro della Terra e delle Risorse. Uomo duro, noto per la sua tempra d'acciaio, la sua ultima apparizione pubblica risale al settembre dello scorso anno, quando è stato ripreso dagli obiettivi dei fotografi durante un incontro con alcuni ex compagni di studi all'Università del Petrolio di Pechino. Secondo alcune fonti vicine ai vertici del partito, Zhou si troverebbe agli arresti domiciliari almeno da dicembre 2013.
Negli anni in cui è stato a capo della Pubblica Sicurezza, Zhou controllava la Wujing, la polizia armata del Popolo, che si occupa della sicurezza interna. Zhou aveva accumulato immense fortune: secondo calcoli non ufficiali risalenti al marzo scorso, pubblicati dall'agenzia Reuters, le forze dell'ordine hanno sequestrato beni per un valore equivalente a 10,8 miliardi di euro (90 miliardi di yuan) a trecento tra suoi alleati politici, amici personali e familiari, e oltre trecento ville di lusso e diversi oggetti preziosi, tra cui dipinti antichi e auto di lusso.
06 dicembre 2014
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