Roma, 6 mag.- "Usa e Cina fianco a fianco in direzione di una riforma del tasso di cambio dello yuan, ma con priorità differenti". Lo ha dichiarato venerdì il vice ministro delle Finanze cinese Zhu Guangyao in una conferenza stampa di anticipazione dell'annuale China-U.S. Strategic and Economic Dialogue previsto per lunedì e martedì a Washington. Gli Stati Uniti - ha precisato Zhu - spingono per un maggiore apprezzamento dello yuan, mentre la Cina mira a una più profonda "riforma del tasso di cambio". E sebbene il ministro non abbia spiegato quale direzione prenderà la riforma del tasso di cambio, è lecito pensare che non ci sia alcuna novità rispetto alla posizione espressa più volte dai funzionari cinesi secondo cui è fondamentale che il processo verso una maggiore flessibilità della divisa cinese avvenga in modo graduale.
Proprio qualche giorno fa il segretario del Tesoro USA Timothy Geithner ha riconosciuto gli sforzi di Pechino nelle modifiche al rialzo del tasso di cambio per contrastare l'inflazione, sostenendo tuttavia che l'apprezzamento deve avanzare a ritmi più rapidi. Si tratta di dichiarazioni di routine, che rientrano nel gioco delle parti all'avvio del summit, ma molti osservatori sottolineano come le pressioni effettuate da Washington su Pechino si siano attenuate rispetto allo scorso anno quando la questione dell'apprezzamento dello yuan ha più volte compromesso il dialogo tra le due potenze economiche. Lo yuan, com'è noto, non è una divisa pienamente convertibile e nel 2008, allo scoppio della crisi, venne ancorata di fatto al dollaro, un blocco sollevato solamente nel giugno dello scorso anno. Da allora lo yuan-renminbi ha effettivamente guadagnato terreno sul biglietto verde raggiungendo il +10% contro il dollaro in termini reali. Un risultato che però non soddisfa i detrattori che ritengono che Pechino manipoli consapevolmente la valuta per ottenere un vantaggio sleale negli scambi con l'estero, accusa puntualmente rigettata dal Dragone che non accetta intromissioni in quella che viene considerata una questione interna. Un aspetto, questo, su cui è tornato anche Zhu che non ha esitato a ribadire la sovranità della Cina sul tasso di cambio.
E dallo yuan alla questione del deficit commerciale su cui, secondo il vice ministro, sono stati compiuti passi in avanti; lo dimostra il fatto che nel primo trimestre, spiega ancora Zhu, si è assistito a una espansione della domanda interna. "La Cina è molto attenta al problema del deficit e si augura che gli Stati Uniti adottino effettive misure di consolidamento fiscale" ha continuato. Il deficit commerciale relativo ai primi tre mesi del 2011 si aggira attorno al miliardo di dollari, e quest'anno, assicura il Dragone, la bilancia commerciale segnerà un surplus più contenuto. In realtà molti analisti ritengono che più che un bilanciamento dell'economia cinese, dietro il deficit ci sia semplicemente un aumento dei prezzi delle commodity importate. Secondo Eswar Prasad, studioso ed esperto di Cina presso il Brookings Institution di Washington, il declino del surplus commerciale della Cina sugli Usa è solo momentaneo e dovuto a motivi strutturali e ciclici e sarà pertanto destinato a salire di nuovo nella seconda metà dell'anno.
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