Pechino, 2 mar. – Maggiori libertà per utilizzare il renminbi negli scambi commerciali al di là della frontiera cinese. Venerdì scorso il governo della provincia del Guangdong ha comunicato il sollevamento di alcune limitazioni sul progetto pilota varato dalla Banca Centrale di Pechino nel luglio 2009, che permetteva ad alcune compagnie selezionate e attive nelle città di Shanghai, Shenzhen, Canton, Zhuhai e Dongguang (i principali hub dell'export cinese) di fissare in renminbi gli scambi commerciali trans-frontalieri e consentiva alle banche di fare altrettanto con i propri servizi. In un primo momento, le operazioni in renminbi riguardavano esclusivamente le ex-colonie di Hong Kong e Macao e i Paesi ASEAN; adesso, con il nuovo provvedimento, decadono i vecchi limiti geografici e la possibilità di condurre business in renminbi spazia invece a 360 gradi. Bank of China -prima istituzione bancaria cinese a ricevere l'autorizzazione per operazioni al di là della frontiera- ha già concluso nei mesi di gennaio e febbraio due affari con clienti provenienti da Africa e Oceania; per il futuro si prevede inoltre l'ampliamento del numero di compagnie abilitate al commercio con l'estero in valuta domestica. Secondo i dati resi noti dall'Ufficio per gli Affari Economici del Guangdong (provincia che da sola contribuisce per quasi un quarto al volume commerciale della Cina), a metà febbraio il numero delle operazioni cross-border in renminbi ammontava a 567, per un totale di 566 milioni di euro, pari a circa il 52% del totale del valore delle transazioni nazionali. Più respiro per la moneta cinese e, soprattutto, meno dipendenza dal dollaro statunitense sembrano essere la ragione alle spalle della scelta di Pechino. Al varo del programma pilota, in un clima economico fortemente provato dalla crisi finanziaria dello scorso anno, il documento ufficiale pubblicato sul sito della People's Bank of China motivava la misura richiamando i rischi "che le imprese cinesi e quelle dei paesi confinanti stavano affrontando a causa delle fluttuazioni di tutte le principali valute". Sebbene il nuovo provvedimento non sia stato accompagnato da alcun commento, una chiave di lettura potrebbe essere offerta dal dibattito in corso sulla quantità e sul valore del debito pubblico americano attualmente nelle mani di Pechino, così come dal rapporto vizioso tra debitore e creditore che lega l'Aquila al Dragone. Da mesi la Cina sta conducendo diverse operazioni per incoraggiare importatori, esportatori e investitori a utilizzare maggiormente la sua valuta, come ad esempio gli accordi di swap in renminbi con Argentina, Bielorussia, Indonesia, Corea del Sud e Malaysia o la vendita di bond in renminbi sulla piazza di Hong Kong. Ma la strada per fare della divisa cinese una valuta pregiata è lunga e graduale: lo yuan, infatti, non è ancora convertibile ed è di fatto vincolato al dollaro; un suo eccessivo apprezzamento, inoltre, provocherebbe un aumento dei prezzi dell'enorme mole di prodotti che la Cina esporta all'estero.