Pechino, 25 giu. – Prosegue la manovra di apprezzamento dello yuan da parte del governo di Pechino dopo l' annuncio dell'abbandono del meccanismo di agganciamento del cambio al dollaro. Oggi la Banca centrale ha fissato il punto medio di oscillazione della valuta cinese a 6,7896 sul dollaro, lo 0,3% in più rispetto al 6,8100 di giovedì scorso. Si tratta del livello più alto mai raggiunto dal 2005 quando lo yuan, che è una moneta non convertibile, è stato lasciato fluttuare all'interno di parametri rigorosi ma più ampi. Nel luglio del 2008 Pechino aveva deciso di tornare all'ancoraggio con il dollaro, provocando le reazioni di Washington e Bruxelles, che accusano la Cina di mantenere il valore dello divisa artificialmente basso per garantire alle imprese cinesi un vantaggio sleale nei commerci con l'estero.
La mossa di oggi va letta alla luce del prossimo G20 di Toronto e si inserisce nella politica cinese di rafforzare lo yuan in vista di eventi delicati sul piano internazionale. Hu Jintao vuole dimostrare la buona volontà della Cina nel sostenere la ripresa economica mondiale e alleggerire così la crescente pressione internazionale per un reale apprezzamento dello yuan, anche se resta ancora lontana l'ipotesi di una vera riforma valutaria da parte del Dragone. Giovedì Obama ha dichiarato che è ancora troppo presto per capire quale sarà l'impatto di queste nuove misure sul dollaro, ma ha accolto positivamente le ultime decisioni di Pechino sul meccanismo di cambio del renminbi. Del resto gli Stati Uniti sembrano da tempo aver scelto una strategia di paziente attesa, come indica il rinvio della pubblicazione del rapporto semestrale del Tesoro, inizialmente previsto per il 15 aprile, che dovrebbe stabilire se la Cina è "manipolatore di valuta", consentendo agli Stati Uniti di adottare verso il Dragone una serie di ritorsioni commerciali. In vista del prossimo incontro con Hu Jintao, il presidente degli Stati Uniti ha comunque ribadito che lo yuan "deprezzato" - il cui valore è stimato superiore al 40% sul dollaro da alcuni esperti -, garantisce un vantaggio sleale ai commerci cinesi. I legislatori americani minacciano di ricorrere a mezzi legali affinché la "manipolazione della moneta" venga riconosciuta come un sussidio illegale che, di fatto, autorizzerebbe le autorità statunitensi a imporre dazi doganali sui prodotti cinesi. Sempre ieri, Pechino ha nuovamente messo in guardia contro questa rappresaglia "protezionista" sulla sua politica valutaria e ha ribadito che una maggiore flessibilità dello yuan non risolverebbe il problema del surplus commerciale della Cina nei confronti degli Usa. Certamente, come dichiarato qualche giorno fa da Lorenzo Stanca a AgiChina24, l'apprezzamento dello yuan non sarà tale da modificare l'export ed è opinione condivisa dagli analisti che l'impegno cinese sullo yuan non porterà alla riforma significativa che chiedono in molti ma soltanto a un apprezzamento limitato nei prossimi 12 mesi.
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