YUAN COME VALUTA DI RISERVA AL POSTO DEL DOLLARO: SCENARIO PLAUSIBILE?

YUAN COME VALUTA DI RISERVA AL POSTO DEL DOLLARO: SCENARIO PLAUSIBILE?

Torino, 21 ott. - Partiamo dai fatti. L'11 ottobre il Senato americano approva il Currency Exchange Rate Oversight reform Act, che, se autorizzato dalla Camera dei Rappresentanti, concederebbe al governo statunitense di adottare delle misure protezionistiche contro i Paesi (leggi: Cina) che artificialmente mantengono basso il tasso di cambio della propria valuta.

 

Probabilmente il progetto di legge non verrà approvato, oppure potrebbe incontrare l'ostacolo del veto presidenziale, ma in ogni caso si profilano all'orizzonte nubi di guerre commerciali e ricorsi al WTO. Il 14 ottobre la banca centrale cinese annuncia la pubblicazione delle regole sugli investimenti esteri diretti (IDE) in yuan, che autorizzano gli investitori (istituzionali e no) a richiedere permessi amministrativi per realizzare investimenti in yuan in Cina, confermando la tendenza verso un allentamento dei controlli sui movimenti di capitale, che dovrebbe un giorno sfociare nella piena convertibilità dello yuan, come è stato già ricordato di recente su questo portale. La mossa, che fa seguito a un pronunciamento politico in tal senso di Li Keqiang, serve anche a rafforzare il mercato obbligazionario in yuan (formato dai c.d. "dim sum bond") di Hong Kong.

 

Ora passiamo alle (plausibili) illazioni. Al recente G-20 dei ministri finanziari (14-15 ottobre) la delegazione cinese, secondo quanto ha scritto il Sunday Times, si sarebbe presentata con un'offerta di sostegno al debito sovrano dei Paesi euro in difficoltà, in cambio dell'accesso alle infrastrutture europee, e della garanzia di stabilità e rigore nei conti pubblici, in modo che l'intervento cinese possa portare definitivamente ordine nel sistema monetario internazionale. In mezzo a tutto questo, continua il blame game tra Europa e Stati Uniti, con Obama che accusa l'Europa di essere troppo lenta nel trovare le soluzioni alla crisi e con gli europei, a cominciare dal presidente dell'eurogruppo Juncker, che non accettano lezioni dagli Stati Uniti, la cui avidità finanziaria sarebbe stata all'origine della crisi globale.

 

Quale evento lega i fatti alle illazioni? Quale timore sta facendo perdere le staffe ai policy-makers occidentali? La possibile ascesa dello yuan a valuta di riserva in sostituzione del dollaro, piuttosto che accanto al dollaro. Gli Stati Uniti, fortemente indebitati, non hanno molta possibilità di immettere liquidità nel sistema, ed è noto che è fondamentalmente questo tipo di interventi di emergenza che rende una valuta moneta di riserva del sistema economico internazionale. In un recente libro che sta facendo discutere, dal roboante titolo Eclipse: Living in the Shadow of China's Economic Dominance, Arvind Subramanian, del Peterson Institute for International Economics, basandosi sul precedente storico del passaggio del testimone dalla sterlina britannica al dollaro americano, sostiene che il renminbi soppianterà il dollaro molto presto, all'inizio del prossimo decennio, consentendo anche alla Cina una facile uscita dalla strategia mercantilista che ora la costringe a importare inflazione.

 

Come sempre, le previsioni devono fondarsi sulla clausola ceteris paribus ("a parità di altre condizioni") e qui sta il punto cruciale. Un elemento costitutivo della valuta di riserva è la fiducia, che appunto vacilla nei confronti del dollaro, ma non è detto che automaticamente sia trasferita a favore dello yuan, moneta di uno stato con più di 3.200 miliardi di dollari di riserve, ma con un reddito pro capite di un paese in via di sviluppo e attraversato da enormi criticità economiche. Gli Stati Uniti emersero come egemoni dalla seconda guerra mondiale non solo perché erano ricchi, ma appunto perché avevano vinto la guerra, avevano un forte sistema di valori liberali (soft power) da proporre (imporre?) a una parte del mondo, possedevano una società relativamente coesa, e mettevano in atto politiche economiche coerenti con la sostenibilità del sistema (fino all'inizio degli anni '70). Invece la Cina è, secondo l'espressione di Martin Wolf, una "superpotenza prematura", e non è detto che tutte le previsioni di crescita cinese (su cui si fondano le tesi di Subramanian) si realizzino, mentre non è scontato che gli Stati Uniti dilapidino completamente l'immenso patrimonio di ricchezza accumulato nei decenni. Tuttavia, se all'orizzonte si profila un conflitto, l'unico modo per i governi democratici occidentali di evitarlo è quello di raccontare l'amara verità alle rispettive opinioni pubbliche, e di assumersi le proprie responsabilità evitando però di indulgere negli eccessi liberisti che hanno portato il mondo sull'orlo del precipizio.

 

di Giuseppe Gabusi  

 

Giuseppe Gabusi Docente di International Political Economy e PoliticalEconomy dell'Asia Orientale e di Relazioni Internazionali dell'AsiaOrientale – Università di Torino – Università cattolica del sacrocuore; Head of Research –T.wai – Torino World Affairs Institute 

 

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