Pechino, 21 settembre - Sorprese della politica cinese: un importante conclave del Partito Comunista si è concluso venerdì scorso - contro ogni aspettativa - con la mancata nomina del vicepresidente Xi Jinping alla vicepresidenza della Commissione Militare Centrale. Ma per capire perché questo avvenimento potrebbe ridurre le possibilità di Xi di succedere a Hu Jintao nel 2012, bisogna fare un passo indietro e addentrarsi in alcune delle complesse alchimie interne che regolano il Partito Comunista Cinese, la più grande macchina politica del mondo. La riunione conclusasi la scorsa settimana, detta "Plenum della Commissione Centrale", è l'incontro dei più potenti funzionari del paese. La Commissione Centrale raggruppa al momento 370 funzionari di alto rango, che vengono nominati ogni cinque anni dal Congresso Nazionale. Tra un Congresso e l'altro, il Plenum della Commissione Centrale si riunisce almeno una volta all'anno per discutere la linea, introdurre nuove politiche, procedere alle nomine più importanti. Il Plenum terminato qualche giorno fa, il quarto dell'attuale Commissione Centrale, è tradizionalmente quello che esprime gli indirizzi più significativi, ma stavolta la montagna ha partorito un topolino: a parte l'imposizione per tutti i funzionari dell'obbligo di pubblicizzare le loro rendite, un discorso di Hu Jintao sul cammino ancora arduo che la Cina deve affrontare verso la ripresa, e un rapporto sul calo del 20% dei guadagni delle imprese di Stato, è mancata proprio la nomina alla vicepresidenza della Commissione Militare Centrale, una decisione che avrebbe potuto gettare una nuova luce sulla successione alla presidenza Hu Jintao fra tre anni e, quindi, sulla Cina che verrà. Se infatti il vicepresidente Xi Jinping fosse stato nominato anche vicepresidente della CMC, avrebbe ricalcato esattamente le orme di Hu Jintao, che occupò la stessa carica nel 1999, prese il posto di Jiang Zemin come segretario del Partito nel 2002, divenne Presidente nel 2003, e, proprio con la nomina a presidente della Commissione Militare Centrale nel 2004 accorpò in sé le più alte cariche del paese, sancendo così il precedente per una transizione scorrevole. Ma il precedente, almeno per ora, non ha trovato conferma, e anche se molti osservatori sostengono che la stella di Xi Jinping non sia affatto oscurata, di sicuro la procedura di successione del 2012 è diventata meno prevedibile. Xi, 56 anni, è il figlio di Xi Zhongxun, uno dei fondatori della Repubblica Popolare Cinese, tra i più stretti alleati di Deng Xiaoping. Dopo una carriera come segretario del Partito della ricca provincia meridionale dello Zhejiang, nel 2007 entra nel Comitato Permanente del Politburo, diventando uno dei nove leader più potenti del paese e assume la carica di vice presidente nell'anno successivo. Xi Jinping sarebbe un nome gradito alle diverse fazioni che animano la dialettica interna del Partito, spesso attraverso duri scontri di cui poco o nulla trapela all'esterno. Dai tuanpai (espressione della Lega Comunista Giovanile Cinese) al "gruppo di Shanghai" (riconducibile al leader Jiang Zemin) fino al gruppo dei taizi, i "principi" rampolli delle grandi famiglie del Partito, tutti sembravano non avere veti sulla figura di Xi Jinping, che si è fatto fama di funzionario ortodosso in politica e aperto alle riforme in campo economico. Ma qualcosa nella complessa macchina delle trattative interne al Partito Comunista Cinese non ha funzionato. E i giochi per il 2012 potrebbero essere ancora aperti.
Antonio Talia