di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 30 giu. - La Cina non è un Paese aggressivo e non intende "flettere i muscoli militarmente" per imporre la propria visione o volontà nei confronti di altri Stati sovrani. Sono le parole del presidente cinese Xi Jinping, che nello scorso fine settimana ha incontrato a Pechino i leader di India e Myanmar in occasione del sessantesimo anniversario dall'istituzione dei Cinque Principi per la Coesistenza Pacifica, ovvero il patto di non aggressione e non interferenza firmato con i due Paesi nel 1954. Per il Myanmar era presente il presidente U Thain Sein, mentre per l'India partecipava il vice presidente, Mohammad Ahmid Ansari. La Cina è impegnata in una serie di rivendicazioni territoriali con i Paesi del sud-est asiatico, tra cui soprattutto Vietnam e Filippine, per isole o arcipelaghi nel Mare Cinese Meridionale, che nelle ultime settimane hanno alzato il livello della tensione tra la Cina e i suoi vicini.
Di fronte ai leader birmani e indiani, Xi jinping ha fatto mostra del soft power cinese nei rapporti internazionali, ma la promessa di non aggressione da parte della Cina ai Paesi vicini si accompagna a una forte rivendicazione dell'importanza dell'integrità territoriale di ogni Paese. Proprio la questione della sovranità è stata uno dei capisaldi del discorso di Xi Jinping alla Grande Sala del Popolo, sede del parlamento cinese, in piazza Tian'anmen, a Pechino. "La sovranità è il più importante tratto distintivo di ogni Stato indipendente - ha dichiarato il presidente cinese - così come la salvaguardia degli interessi nazionali". Nessuna violazione è ammessa a questo principio, nella logica del presidente cinese. "Sono regole fondamentali che non dovrebbero mai essere messe da parte o sottovalutate".
Xi ha promesso che "alla Cina non si adatta la nozione di un Paese che cerca l'egemonia quando è in crescita" e ancora che "egemonia e militarismo non sono nei geni dei cinesi". Al contrario, quello che Pechino vuole è "cercare lo sviluppo pacifico, che è buono per la Cina, per l'Asia e per il mondo". In conclusione del suo discorso, Xi Jinping ha chiesto una "nuova architettura per la sicurezza nell'Asia-Pacifico" che non prevede l'esibizione della potenza militare, che definisce come "una mancanza di morale o di visione". Se le parole del presidente promettono un approccio teso al dialogo e al negoziato, i dati della potenza militare cinese mostrano una crescita, secondo Washington, ben superiore alle cifre annualmente presentate da Pechino, accusata spesso di sottovalutare il budget destinato alla Difesa. L'ultima polemica tra le due sponde del Pacifico risale a poche settimane fa, quando il Pentagono accusava la Difesa cinese di sottostimare le spese per la Difesa, che nel 2013, sarebbero state di 145 miliardi di dollari, molto più alte di quelle annunciate ufficialmente.
La Cina non mostrerà i muscoli per farsi rispettare, ma non intende neppure modificare il proprio budget di spesa militare, come sottolinea, a commento dell'intervento del presidente cinese un editoriale comparso oggi sul quotidiano in lingua inglese China Daily. "La spesa militare cinese - scrive oggi il quotidiano cinese - è sempre stata messa in dubbio dai Paesi occidentali, che temono sia volta all'egemonia". Questo tipo di approccio, definito "paranoico", potrebbe avere "secondi fini", ma, minimizza il China Daily, "è naturale per un Paese così grande aumentare la propria potenza militare per difendersi dalle invasioni straniere e assicurarsi un ambiente reciproco per il suo risveglio nazionale e per il suo sviluppo".
30 giugno 2014
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