Di Eugenio Buzzetti
Pechino, 6 giu. - Qualificarsi ancora per i Mondiali, organizzarne uno, e, più di tutto, vincere. Il presidente cinese, Xi Jinping, ha le idee chiare sul futuro del calcio cinese, che dovrà realizzare nel lungo periodo questi tre obiettivi per scrollarsi di dosso l'immagine di Cenerentola del pallone. L'unica qualificazione cinese a un Mondiale risale al 2002, mentre l'obiettivo finale sembra oggi irraggiungibile, se si considera che la Cina è solo in ottantunesima posizione nel ranking Fifa. Durante il primo mandato di Xi come presidente, l'atteggiamento cinese per il calcio è cambiato molto, al punto da pensare di potere portare il pallone cinese al livello degli stessi successi che Pechino raggiunge alle Olimpiadi.
Lo stesso Xi aveva citato più volte nei suoi discorsi una delle frasi sul calcio di Deng Xiaoping, il padre delle riforme economiche cinesi. "L'educazione al calcio deve cominciare da bambini", ama ripetere il presidente citando Deng. Il calcio è una parte integrante di quel "sogno cinese" che lui stesso aveva citato già nelle ultime settimane del 2012, poco dopo avere assunto la carica di segretario generale del Partito Comunista Cinese. A realizzare il sogno di Xi ci hanno pensato, sul versante economico, i grandi investimenti cinesi nel calcio europeo e nazionale, e sul fronte della politica, le nuove norme che prevedono un'espansione dello sport, con un numero di praticanti che dovrà arrivare a 50 milioni entro il 2020.
Le cifre da capogiro sembrano fare dimenticare i problemi del calcio di Pechino, colpito anni fa da forti scandali di corruzione e che nel 2013 ha visto 33 giocatori radiati dalla China Football League per lo scandalo delle partite truccate. Dietro i colpi sensazionali dei tycoon cinesi c'è l'interesse di Xi a fare della Cina una potenza calcistica, in grado di attrarre tecnici, esperti e dirigenti sportivi stranieri e di vedere crescere, contemporaneamente, i propri talenti nelle scuole calcio più affermate d'Europa. Entro il 2050, la Cina dovrà diventare una potenza calcistica di livello mondiale, secondo i desideri di Xi, ma già oggi il calcio cinese è quello che investe di più per acquistare campioni stranieri: secondo le classifiche di Transmarkt, con i 337 milioni di euro spesi a inizio anno per fare arrivare i fuoriclasse stranieri, la Cina supera, per investimenti, Italia, Francia, Germania e Spagna messe insieme.
La passione di Xi per il calcio potrebbe essere nata da giovane, già durante le scuole elementari o medie, trasmessagli dal padre, Xi Zhongxun, politico di spicco del Guangdong, la provincia cinese da cui è cominciato lo sviluppo in senso capitalistico della Cina. Cresciuta nel corso degli anni, anche se accantonata a livello pratico per l'accumulo di impegni politici, la passione per il calcio è tornata a fare capolino in diverse occasioni da quando Xi ha assunto la carica di presidente, nel 2013. A ottobre scorso, durante la visita in Gran Bretagna, Xi aveva fatto tappa al Manchester City, dove si era imbattuto, assieme a David Cameron, in Sergio Aguero, che aveva colto l'occasione per auto-immortalarsi un selfie con Xi e il primo ministro britannico. La foto, postata su Twitter, ha fatto il giro del mondo, ma il campione del Manchester City cita il solo Xi nei 140 caratteri a disposizione: niente gloria per il primo ministro britannico. Due mesi dopo il selfie, la Cina si riaffaccia sul Manchester City: questa volta nelle vesti del China Media Capital, che oggi detiene il 13% del club, una dimostrazione che i sogni calcistici di Xi si realizzano in tempi sempre più rapidi.
06 GIUGNO 2016
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