Roma, 23 feb.- Pechino avrebbe tentato di utilizzare le sue immense riserve di debito pubblico americano per influenzare le politiche finanziarie statunitensi e impedire la vendita di armi a Taiwan. È quanto emerge da alcuni cablogrammi diffusi qualche giorno fa da Wikileaks che risalgono al 2008 e 2009, e che sembrano dare fondamento a un timore che circola da tempo tra gli ambienti di Washington e Wall street. Secondo il contenuto di un dispaccio datato ottobre 2008 Liu Jiahua, uno degli uomini dell'amministrazione delle riserve valutarie cinesi, ha collegato la disponibilità di Pechino nel concedere ulteriori prestiti agli Stati Uniti alla questione della vendita di armi a Taiwan. "La leadership cinese deve prestare molta attenzione a quella che è l'opinione pubblica. In questo senso, la recente decisione degli Usa di vendere armi a Taiwan rende più difficile giustificare alcune politiche di supporto" ha commentato Liu a qualche giorno di distanza dall'annuncio del Pentagono di voler vendere armi per 6,5 miliardi di dollari all'isola. Nonostante l'avvertimento della Cina, nel febbraio del 2010 Washington ha attuato il riarmo, eliminando però dal 'pacchetto' i jet F-16 richiesti da Taiwan. La mossa americana ha finito per gettare ulteriore benzina sul fuoco. L'isola che nel 1949 si autoproclamò indipendente dalla Cina continentale, ma che Pechino considera parte integrante del proprio territorio, rappresenta infatti una delle principali questioni irrisolte tra l'Aquila e il Dragone proprio per l'appoggio offerto da Washington ai 'ribelli'.
Nello stesso cable si legge che, pur rimanendo vago sul flusso di acquisto di debito pubblico USA, Liu aveva chiesto maggiori garanzie sulla protezione degli investimenti cinesi da eventuali perdite. Sempre secondo quanto emerso dal dispaccio, inoltre, il SAFE (State Administration of Foreign Exchange) avrebbe preso in considerazione la richiesta di un sistema con il quale la Federal Reserve o altre agenzie governative avrebbero dovuto presentare alla Cina maggiori garanzie. Gli americani, nel tentativo di calmare le preoccupazioni del funzionario cinese, avrebbero messo in evidenza la capacità del governo di sostenere il sistema bancario e prevenire i rischi di un eventuale tracollo finanziario.
In un altro dispaccio del marzo 2009, invece, emergono in tutta chiarezza le preoccupazioni di Washington riguardo l'influenza della Cina sul settore finanziario americano, e su eventuali modifiche sul livello e sulla composizione dei titoli del debito pubblico. Con una montagna di titoli dal valore stimato di 900 miliardi di dollari, il Dragone è infatti il primo detentore del debito pubblico americano. Una settimana dopo le dichiarazioni in cui Wen Jiabao aveva espresso preoccupazioni sulla sicurezza dei titoli statunitensi, le ambasciate americane a Pechino e a Hong Kong hanno inviato alcuni dispacci a Washington, interrogandosi sulle reali intenzioni della Cina e sulle ripercussioni che potrebbero avere eventuali modifiche nell'amministrazione delle riserve di valuta estera volute dal Dragone sull'economia statunitense.
di Sonia Montrella
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