Roma, 21 dic. – La Nuova Zelanda teme le conseguenze "destabilizzanti" degli aiuti militari cinesi alla regione del Pacifico e lancia l'allarme agli Stati Uniti: la presenza dell'Armata Popolare di Liberazione (APL) potrebbe alimentare l'instabilità negli stati insulari. Stando alle indiscrezioni trapelate da alcuni cabotaggi diplomatici dell'ambasciata neozelandese negli Stati Uniti pubblicati sul sito di WikiLeaks, il governo di Wellington teme che Pechino stia creando degli avamposti militari per allargare la sfera d'influenza diplomatica in un'area storicamente posta sotto la leadership dalla Nuova Zelanda - in particolare Repubblica delle isole Figi, Regno di Tonga e Papua Nuova Guinea-. Nelle carte del 2008 rivelate da WikiLeaks, un funzionario neozelandese si dice preoccupato rispetto all'attenzione crescente con cui le isole del Pacifico guardano a possibili accordi bilaterali con altre potenze, quali Cina, Taiwan e Cuba; il timore del governo neozelandese sarebbe quindi quello di assistere a un cambio di rotta nelle zone d'influenza a scapito del predominio esercitato da Nuova Zelanda e Australia.
Alcuni documenti precedenti, datati febbraio 2006, contengono una critica rivolta agli aiuti cinesi per il finanziamento degli eserciti di Figi e Tonga che supererebbero di gran lunga quelli neozelandesi; Paul Sinclair, direttore del dipartimento politiche internazionali del Ministero della Difesa, riscontra "problematiche simili nell'analisi dei legami tra l'APL (Armata popolare di liberazione della RPC) e le forze paramilitari in Vanuatu". Come si legge nel NZ Herald – uno dei maggiori quotidiani nazionali -, il vice segretario del Ministero della Difesa Chris Seed ritiene che "le attività dell'APL nelle isole del Pacifico mette in serio pericolo la sicurezza della Nuova Zelanda". Seed ha inoltre rivelato che le forze armate non riescono a stabilire un dialogo diretto con quello cinese in quanto è Pechino a gestire centralmente la comunicazione dell'APL, riducendo al minimo i contatti con gli omologhi neozelandesi.
Negli stessi documenti cablati vengono riportate le preoccupazioni di Helen Clark, ex primo ministro neozelandese, rispetto a un numero crescente di attività "ufficiose" condotte dalla Cina nei piccoli stati del Pacifico. La criminalità cinese in aumento in Papua Nuova Guinea ne costituirebbe l'esempio più lampante; membri della diaspora cinese che, secondo la Clarks, potrebbero avere legami con il governo di Pechino. Un crescendo di timori avrebbe quindi spinto le autorità neozelandesi - secondo WikiLeaks - ad avviare indagini spionistiche sulle attività dell'ALP nelle isole Figi, utilizzando le intercettazioni satellitare di Waihopai per monitorare le operazioni militari della RPC. Ma il sito di Assange non rivela le informazioni di cui Wellington è venuta a conoscenza a seguito dell'indagine.
Una Cina sempre più golosa di allargare la propria sfera d'influenza diplomatica nell'area del sud del Pacifico sarebbe quindi alla base delle preoccupazioni di Neo Zelanda e Australia, che temono il declino del rispettivo predominio. Wellington non è all'oscuro delle intenzioni di Pechino, mossa unicamente – secondo le voci dischiuse da Wikileaks - dalla "sete di risorse naturali". Una corsa all'accaparramento energetico che – dopo le schermaglie Cina-Giappone e la crisi coreana – rischia di creare una nuova area di tensione nel sud-est asiatico (leggi questo articolo ) La reazione ufficiale del governo di Wellington alla pubblicazione delle comunicazioni riservate è un laconico "no-comment", ma è difficile valutare l'intensità delle ripercussioni sui rapporti con Pechino. Le relazioni tra le due potenze fino a ieri scorrevano fluide: con un accordo sul libero scambio siglato nel 2008, la Cina è il secondo partner commerciale della Nuova Zelanda, preceduta solo dall'Australia. Inevitabile chiedersi se le scaramucce diplomatiche sulla supremazia nell'area del Pacifico meridionale smusseranno la solidità delle transazioni commerciali.
di Melania Quattrociocchi
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