WEN JIABAO: "LA MIA FAMIGLIA PERSEGUITATA SOTTO MAO"

WEN JIABAO: "LA MIA FAMIGLIA PERSEGUITATA SOTTO MAO"
Pechino, 07 nov. – Il Premier cinese Wen Jiabao ha rivelato per la prima volta in un discorso pubblico che la sua famiglia è stata "perseguitata senza tregua" durante gli anni più bui, quelli maoisti.
Nel discorso tenuto la settimana scorsa davanti agli studenti della scuola superiore Nankai di Tianjin, sua alma mater, il premier ha ricordato la follia e gli orrori che hanno tormentato la vita dei cinesi alla fine degli anni cinquanta, un momento in cui il Partito Comunista Cinese (PCC) era profondamente diviso in fazioni e dava la caccia ai suoi oppositori.
"Sono nato in una famiglia di intellettuali a Yixing, a nord di Tianjin nel 1942. Mio nonno era il direttore di una scuola del villaggio. Molti degli insegnanti erano laureati ed alcuni divennero professori dopo il 1949", ha raccontato il premier, svelando per la prima volta in un discorso pubblico il passato della sua famiglia
"Mio nonno morì in seguito a un'emorragia cerebrale nel 1960. Fui io a portarlo in ospedale. La scuola in cui insegnava ha conservato negli archivi una fitta documentazione; fogli pieni di autocritiche, scritti in caratteri piccoli e chiari". Il Partito aveva obbligato gli intellettuali, molti dei quali avevano studiato all'estero o lavorato per il governo precedente, a 'revisionare il proprio pensiero' attraverso l'autocritica. Dopo un'apertura 'liberale', che incoraggiava l'intellighenzia a denunciare i problemi del Paese - e quindi anche l'operato del partito -, Mao fece un secco dietrofront e attaccò chi si era esposto pubblicamente. Il 1957 segnò l'inizio delle persecuzioni: dopo che la Campagna dei Cento Fiori - lanciata nel 1956 per migliorare il partito attraverso la collaborazione degli intellettuali - sfuggì di mano ai dirigenti, la Cina sprofondò nel caos. Gli intellettuali che avevano osato criticare il partito furono duramente perseguitati, sottoposti a costanti autocritiche e spedito nei campi di lavoro con l'accusa di aver 'attentato al sistema'.
Durante la Rivoluzione Culturale, lanciata nel 1966, gli intellettuali restarono il bersaglio privilegiato del Grande Timoniere. Etichettati come rappresentanti delle disuguaglianze della 'società borghese', e quindi come 'nemici di classe' da annientare, continuarono a subire torture e crudeltà.
"La mia famiglia fu vittima di costanti attacchi nelle campagne politiche che seguirono", ha aggiunto Wen. "Nel 1960, anche mio padre fu indagato per i cosiddetti 'problemi storici'. Non gli fu più permesso di insegnare e fu mandato ad allevare maiali in una fattoria nella periferia della città. Mio padre era un uomo onesto, un gran lavoratore e faticò per tutta la vita".
Malgrado questo periodo sia riconosciuto ufficialmente come un momento buio della storia cinese e la Rivoluzione Culturale sia stata ufficialmente condannata come un 'errore' della politica Maoista, gli attacchi del Presidente Mao a 550mila intellettuali alla fine degli anni Cinquanta rimangono un argomento molto sensibile, sottoposto a un'implacabile censura.
Ma se i leader cinesi non parlano mai a caso nei discorsi pubblici, e posto che sia difficile decriptare i messaggi politici, come possiamo interpretare i discorsi di  Wen a Tianjin? Come riporta un editoriale del Telegraph, alcuni analisti hanno avuto l'impressione che Wen volesse lanciare un monito alla frangia conservatrice del PCC: se vi ostinate a non voler riformare il Paese, occhio alle conseguenze! Non è la prima volta che Wen parla della necessità di accelerare le riforme politiche e allentare  il pugno di ferro del Partito. E' rimasta famosa l'intervista rilasciata alla CNN e il discorso pronunciato a Shenzhen tra la fine di agosto e l'inizio di settembre 2010: in entrambe le occasioni, Wen si è pronunciato sulla necessità di attuare una riforma politica, indispensabile per non compromettere i risultati raggiunti in campo economico dalla locomotiva cinese.
Gli attacchi alla famiglia di Wen risalgono a una fase in cui il PCC era dilaniato internamente tra correnti contrapposte – per estrema semplificazione, la fazione liberale e quella conservatrice – in disaccordo sulle riforme politiche. "Ho trascorso la mia infanzia tra guerre e avversità. La povertà, i disordini e la carestia hanno lasciato un'impronta indelebile nella mia storia personale. Ho capito che soltanto la scienza, la ricerca della verità, la democrazia e il lavoro possono salvare la Cina", ha aggiunto.
Wen, 69 anni, si prepara a lasciare l'incarico di primo ministro nei primi mesi del 2013, quando salirà al potere la nuova leadership uscente dal 18° Congresso Nazionale. Il 2012 sancirà quindi il passaggio di poteri dall'amministrazione Hu-Wen ai leader della quinta generazione (questo articolo).
La riforma del sistema politico è alle porte? Gli analisti sono scettici: alcuni sostengono che il premier stia semplicemente cercando di mettersi dalla parte 'giusta' della storia. Secondo altri, all'interno del PCC Wen non ha il consenso sufficiente a mettere in atto cambiamenti significativi. Altri ancora hanno interpretato le parole di Wen come un impegno a sostenere le riforme anche dopo la fine del suo mandato.
Secondo Liu Shanying, ricercatore presso l'Accademia cinese per le scienze sociali (CASS), il discorso del premier cinese potrebbe essere letto come un monito ai futuri leader del paese a non ripetere gli errori della storia. "Per quanto mi ricordi, questa è la prima volta in cui Wen Jiabao affronta l'argomento delle persecuzioni all'interno della sua famiglia. Non ne aveva parlato neanche nella sua autobiografia", ha aggiunto. "Quando parla della sua infanzia dolorosa, penso che intenda esprimere la speranza che la Cina non torni mai più a quei giorni bui, un desiderio di pace e stabilità per rabbonire gli elementi più intransigenti all'interno del Partito" – continua -  "La parole di Wen mostrano anche la sua insoddisfazione per le decisioni prese durante il Sesto Plenum del diciassettesimo Comitato Centrale, svoltosi il mese scorso, (questo articolo) che prevedono un maggior controllo della cultura e dell'opinione pubblica" ha aggiunto.

 

 

 

QUANDO DENG XIAOPING CADDE IN DISGRAZIA

 

Deng Xiaoping è stato il pioniere della 'politica di apertura e riforma', processo di riforme economiche iniziato nel 1978 che ha portato la Cina agli attuali livelli di sviluppo.
Personaggio di spicco nelle file del Partito Comunista Cinese fin dai suoi albori, fu nominato Segretario Generale del Partito Comunista Cinese nel 1957 dallo stesso Mao Zedong.
Cadde in disgrazia nel 1967, con la Rivoluzione Culturale lanciata da Mao per contrastare le tendenze riformiste che stavano prendendo piede all'interno del PCC. Dopo il fallimento del Grande Balzo in Avanti, piano economico e sociale che mirava a trasformare rapidamente la Cina rurale in un'industrializzata società comunista, caratterizzata dalla collettivizzazione, Deng Xiaoping e l'allora Presidente Liu Shaoqi promossero delle riforme economiche più 'liberali' con cui guadagnarono consensi tra le file del partito e la popolazione. Mao, sentendosi minacciato dal crescente prestigio di Deng e Liu, lanciò la Rivoluzione Culturale (1966 –1969) che causò l'epurazione di tutti leader riformisti. Deng cadde in disgrazia: fu costretto a ritirarsi da tutte le cariche e spedito a lavorare in una fabbrica di trattori nella provincia del Jiangxi.


Fu riabilitato nel 1973 dal Premier Zhou Enlai, che lo nominò primo vice-premier, designandolo suo successore. Tuttavia la Rivoluzione Culturale non era ancora finita e un gruppo politico radicale, conosciuto successivamente come la Banda dei Quattro, concorreva nella lotta per il potere all'interno del partito. La Banda vide in Deng il suo grande avversario da battere. Dopo la morte di Zhou, nel febbraio 1976,  Deng perse l'appoggio del partito e fu di nuovo vittima dell'epurazione.
Dopo la morte di Mao, nel 1976, la presidenza del Comitato Centrale del PCC fu affidata a Hua Guofeng, che fece arrestare la Banda dei Quattro ponendo fine alla Rivoluzione Culturale. In questo clima di distensione Deng scrisse una lettera a Hua che lo riabilitò con l'accordo del Politburo, affidandogli le cariche di primo vice-premier, vice-presidente del Comitato Centrale del PCC e Capo delle forze armate. Dopo il suo ritorno in auge Deng ottenne un consenso sempre più ampio all'interno del partito e riuscì ad allontanare Hua Guofeng una volta per tutte prendendone il posto. Da allora portò avanti le riforme economiche che hanno favorito lo sviluppo del Dragone.

 

di Costanza Boriani e Annunziata Rispoli



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