Pechino, 19 gen.- "La Cina si oppone fermamente a uno sviluppo del programma nucleare iraniano e alla costruzione di armi nucleari da parte di Teheran": un esplicito Wen Jiabao ha chiuso mercoledì la visita di stato in Medio Oriente. Una porzione del mondo che la Cina e gli altri Paesi interessati dovranno rendere "libera dal nucleare", ha proposto il premier. Arabia Saudita, Emirati Arabi e, infine, Qatar: quello di Wen, sostengono gli osservatori, è un "viaggio strategico" e motivato dalla necessità per Pechino di accaparrarsi fonti alternative di energia, specie dopo le tensioni generate dalle recenti sanzioni finanziarie contro l'Iran approvate a fine dicembre da Washington.
"Il programma nucleare iraniano ha esclusivamente scopi pacifici" ha più volte ribadito Teheran in risposta alle critiche mosse alla Repubblica islamica dalle potenze straniere. Un braccio di ferro che si è fatto ancora più serrato lo scorso mese dopo l'annuncio delle sanzioni finanziarie che Washington vorrebbe ulteriormente incrementare fino a rendere praticamente impossibile l'accesso ai mercati finanziari Usa a tutti gli istituti di credito che fanno affari con la Banca centrale di Teheran. L'Iran ha infatti minacciato di chiudere lo Stretto di Hormuz, rotta vitale per la maggior parte delle esportazioni di petrolio del Medio Oriente. "Lo stretto di Hormuz deve essere mantenuto aperto in qualsiasi circostanza. Ogni atto estremo lo veda coinvolto, si rivelerebbe contrario agli interessi del mondo intero" ha dichiarato il premier cinese con un chiaro avvertimento destinato sia all'Iran che agli Stati Uniti.
Da tempo la questione del nucleare iraniano pone il Dragone in una difficile posizione: da un lato Pechino appoggia la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che blocca il programma iraniano di arricchimento dell'uranio, dall'altra cerca – tra alti e bassi - di mantenere rapporti regolari con Teheran, terzo fornitore di greggio del Dragone dopo Arabia Saudita e Angola. Secondo i dati ufficiali della dogana cinese, nei primi nove mesi del 2011 l'Iran ha spedito 20.3 milioni di tonnellate di greggio in Cina, un aumento di circa un terzo rispetto alle quote dell'anno precedente. Pechino importa dunque da Teheran circa l'11% del greggio che consuma ogni anno. Una fame di petrolio che non conosce sosta: nel 2011, in media, la Cina ha consumato 9,24 milioni di barili al giorno, o 590mila barili al giorno in più rispetto alla media di 8,65 milioni del 2010.
Una dipendenza energetica che spinge Pechino a mantenere perlopiù una linea diplomatica nei confronti di Teheran "L'Iran, in quanto Paese firmatario del Trattato di non Proliferazione Nucleare, ha diritto all'uso pacifico dell'energia nucleare nel rispetto degli obblighi internazionali" è stata la risposta ufficiale di Pechino alle sanzioni finanziarie statunitensi. E anche a Doha, dopo essersi detto contrario al programma nucleare iraniano, il premier ha voluto sottolineare che i rapporti energetici tra i due Paesi non sono a rischio. "Le importazioni di petrolio iraniano rappresentano un regolare scambio commerciale. Il legittimo commercio deve essere protetto altrimenti sarà il mondo intero a collassare" ha dichiarato Wen in un messaggio destinato a Europa e Stati Uniti i quali insistono affinché sempre più Paesi rinuncino ad acquistare greggio dall'Iran.
di Sonia Montrella
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