Pechino, 23 set.- Il premier cinese Wen Jiabao invoca la pace commerciale tra Cina e Stati Uniti, proprio a ridosso del voto di una commissione della Camera dei Rappresentanti che potrebbe condurre all'imposizione di tariffe e dazi sulle merci cinesi: "Le ragioni del deficit commerciale statunitense vanno rintracciate nella struttura degli scambi e degli investimenti USA-Cina - ha detto ieri il primo ministro a New York- e non nel valore della moneta cinese". Secondo Wen, un apprezzamento del renminbi tra il 20% e il 40% - come richiesto dagli USA - condurrebbe alla bancarotta un numero imprecisato di aziende cinesi, causando disoccupazione e forti turbolenze nella società: "Non c'è spazio per una drastica rivalutazione della nostra moneta - ha concluso il premier davanti alla platea della US-China Business Committee - e quelle che sono le due più importanti economie del pianeta debbono intrattenere una stabile cooperazione economica e commerciale. Ne va degli interessi di entrambe".
Domani, a Washington, gli appartenenti alla House Means and Ways Committee si incontreranno per discutere una bozza di legge detta "Currency Reform for Fair Trade Act" che gode il sostegno bipartisan di 150 parlamentari e, se approvata dall'intero Congresso, autorizzerà gli USA all'applicazione di sanzioni sui beni importati dai paesi accusati di manipolare il valore reale della loro moneta, Cina in primis. "Se la Cina applicasse alla sua divisa il valore di mercato, ciò consentirebbe la creazione di un milione di posti di lavoro nel settore manifatturiero americano e ridurrebbe il nostro deficit commerciale con Pechino di 100 miliardi di dollari all'anno - ha dichiarato la presidente della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi -, è quindi giunto il momento che il Congresso approvi una norma che fornirà all'amministrazione un più ampio spazio di manovra nei suoi negoziati multilaterali e bilaterali con la Cina". Lo scontro sulla valuta cinese prosegue da mesi.
Lo yuan-renminbi, com'è noto, è una moneta non convertibile: tra il 2005 e il 2008 la Banca centrale cinese aveva consentito una graduale rivalutazione della divisa, interrotta poi all'emergere della crisi globale con il ritorno all'ancoraggio con il dollaro. La misura aveva attirato le critiche di Washington e Bruxelles, che accusano Pechino di mantenere artificialmente basso il valore della sua moneta: uno yuan sottostimato è capace di garantire alle merci cinesi un vantaggio sleale sui mercati internazionali e contemporaneamente sbarrare le porte dell'immenso mercato del Dragone ai beni stranieri. La riforma del giugno scorso - che ha condotto finora ad un apprezzamento di circa l'1.6 % sul biglietto verde - lascia comunque insoddisfatti gli americani: "Lo yuan ha un valore ben più basso di quello che sarebbe determinato dalle condizioni di mercato - ha detto il presidente Barack Obama - e la Cina deve fare molto di più per promuovere una competizione commerciale leale". Ma mentre Pechino continua a rivendicare il ruolo fondamentale giocato nel trarre l'economia mondiale fuori dalla crisi, la votazione di domani si avvicina: se la bozza presentata dalla House Means and Ways Committee dovesse passare, il Congresso potrebbe pronunciarsi già nella prossima settimanadi Antonio Talia
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