Pechino, 22 mar.- Economia globale e costo del petrolio, ma anche il pericolo inflazione e i rischi della corruzione: nel suo incontro con i CEO di alcune grandi multinazionali, il premier cinese Wen Jiabao si è detto fiducioso sull'andamento dell'economia globale, ma anche preoccupato per le numerose sfide che la Cina deve affrontare.
"Credo che al momento la corruzione rappresenti la peggiore minaccia che dobbiamo fronteggiare, - ha detto Wen - perché ritengo che un paese con un elevato livello di corruzione, per quanto possa avere delle ottime infrastrutture, difficilmente potrà attirare investimenti. Sarà anche impossibile che tale paese prosegua su un cammino di sviluppo sostenibile: si tratterebbe di uno sviluppo inquietante come la diffusione di cellule cancerogene all'interno di un corpo sano". Pur non nominandolo esplicitamente, il primo ministro ha richiamato le recenti vicende dell'ex ministro delle Ferrovie cinese Liu Zhijun, rimosso dall'incarico per un giro di tangenti sulle linee ad alta velocità in quello che rappresenta il peggior caso di corruzione che colpisce le alte sfere del Partito Comunista Cinese da diversi anni a questa parte (questo articolo).
Tra gli amministratori delegati presenti all'incontro, oltre a Joseph Jiminez di Novartis e Jamie Dimon di JPMorgan Chase, c'erano anche Peter Voser di Royal Dutch Shell e Khalid Al Falih di Saudi Aramco: con gli ultimi due, in particolare, il premier cinese ha lamentato i recenti rincari energetici. "Le politiche monetarie rilassate di alcune nazioni, insieme ai disordini in Medio Oriente hanno causato un ulteriore aumento dei prezzi del petrolio" ha detto Wen, alludendo alla manovra di alleggerimento quantitativo da 600 miliardi di dollari decisa dalla Federal Reserve nel novembre scorso, mossa che Pechino ha criticato, accusando Washington di esportare inflazione verso le economie emergenti (questo articolo). "Sono stato molto sorpreso e scioccato quando ho visto che il prezzo internazionale del petrolio ha superato i 100 dollari al barile - ha detto ancora Wen Jiabao - e devo ammettere di essere un po' preoccupato riguardo ai prezzi del petrolio".
E proprio sui rapporti tra Pechino e Washington, il primo ministro è tornato a parlare del surplus commerciale accumulato dalla Cina nei confronti degli USA: "Bisogna adottare misure urgenti per ridurre gli squilibri commerciali tra le due nazioni - ha detto Wen rispondendo a una domanda di Jamie Dimon - e gli Stati Uniti dovrebbero accelerare l'ingresso degli investimenti cinesi nella loro economia e allentare le restrizioni sulle esportazioni di merci americane verso la Cina. Si tratta degli stessi suggerimenti che ho rivolto al presidente Barack Obama nella sua visita del 2009 a Pechino, ma sfortunatamente è stato fatto poco".
Secondo i dati ufficiali cinesi, lo scorso anno Pechino ha riportato un surplus commerciale pari a 183 miliardi di dollari, in calo per il secondo anno consecutivo. Tuttavia, la maggior parte di tale surplus riguarda proprio gli USA, e nonostante il deficit conseguito il mese scorso - pari a 7.3 miliardi di dollari, il più evidente degli ultimi sette anni (questo articolo)-, nel Congresso americano si è formato un vasto schieramento bipartisan che accusa Pechino di mantenere volontariamente sottostimata la sua moneta per ottenere vantaggi sleali negli scambi con l'estero. Il premier, tuttavia, si è detto ottimista sull'andamento dell'economia americana e di quella europea.
"Ciò a cui presto maggiore attenzione è la gestione delle aspettative sull'inflazione. Un'economia che cresce velocemente genera maggiori posti di lavoro, ma si trova ad affrontare un'inflazione difficile da gestire. Se l'economia rallenta, diminuirà l'occupazione e potremmo anche dover fronteggiare la recessione. Il nostro obiettivo consiste nel trovare il giusto equilibrio tra queste due situazioni e assicurare un futuro luminoso all'economia cinese" ha concluso Wen Jiabao.
di Antonio Talia
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