Wang, il contadino rovinato dalla Wto
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Wang, il contadino rovinato dalla Wto

Wang, il contadino rovinato dalla Wto

La storia
di lettura
Luca Vinciguerra
HAILUN. Dal nostro inviato
Quella di Wang Haichen è sempre stata una vita dura. Da quando la Cina è diventata una superpotenza economica mondiale, è perfino peggiorata. «Fino a qualche anno fa - dice Wang - ci spaccavamo la schiena nei campi di soia per quindici ore al giorno, ma almeno i nostri sacrifici erano ripagati. Oggi lavoriamo come allora, ma riusciamo a malapena a sopravvivere senza risparmiare uno yuan».
Trentanove anni, una figlia adolescente, un piccolo appezzamento in concessione pubblica da coltivare, Wang fa il contadino da quando era ragazzo. A Rongxin, un misero villaggio dell'Heilongjiang (immensa provincia dell'estremo nord), ha vissuto sulla propria pelle tutte le tappe della grande transizione cinese dalla pianificazione al libero mercato. Collettivizzazioni forzate, riforme agrarie, de-collettivizzazioni.
Ma il cambiamento più traumatico è venuto da fuori: l'ingresso della Cina nell'Organizzazione mondiale del commercio avvenuto nel 2002. «Da quel momento, le cose qui a Rongxin sono andate di male in peggio», spiega Wang. Così come sono andate di male in peggio a Linhe, a Jiefang, a Heping, e in altre migliaia di borghi rurali sparsi per l'Heilongjiang e per le due province limitrofe di Jilin e Liaoning.
Per una ragione molto semplice: con l'apertura del mercato cinese ai commerci internazionali i prezzi della soia sono crollati, mettendo in ginocchio milioni di contadini in tutta la grande Manciuria cinese. Un terremoto che ha sconvolto le esistenze quotidiane di regioni rurali vissute per secoli sulla coltivazione dei semi di soia.
Nel 1995 la Cina era il più grosso esportatore mondiale di soia. Oggi è il primo importatore planetario: oltre il 70% del suo fabbisogno proviene da Stati Uniti, Brasile e Argentina.
«Gran parte della soia d'importazione è geneticamente modificata: costa meno lavorarla e produce molto più olio. Questo differenziale di rendimento ha messo completamente fuori mercato i nostri produttori», spiega Wu Liqiang, segretario dell'Heilongjiang Soybean Association.
Le difficoltà dell'industria di trasformazione locale hanno aperto enormi spazi di penetrazione alle multinazionali. Dal 2004 in poi, tutti i colossi cerealicoli mondiali da Cargill a Bunge, da Archer Daniels Midland a Louis Dreyfus, hanno approfittato della crisi dell'industria mancese, acquistando per poco partecipazioni rilevanti nelle principali aziende locali.
Il risultato è che oggi l'80% dell'industria cinese di trasformazione della soia è in mano agli stranieri. «L'ingresso massiccio delle società estere ha peggiorato ulteriormente la situazione dei contadini, aprendo un serio problema sociale nelle nostre campagne» aggiunge Wu.
La Manciuria è una terra fertile. Ma le violente escursioni termiche (si va dai meno 40 gradi dell'inverno siberiano ai più 35 dell'estate monsonica) non facilitano l'impianto di colture alternative. Prima i contadini hanno provato a reagire al crollo dei prezzi della soia buttandosi su altre coltivazioni come riso, grano o mais. Ma i risultati sono stati assai scarsi. «La verità è che nelle nostre campagne non ci sono alternative alla soia», ammette Wang Haichen guardando sconfortato il proprio appezzamento, dove qualche mese fa ha provato a seminare riso. «Un esperimento disastroso», taglia corto scuotendo la testa.
Il Governo ha compreso da tempo la gravità della situazione. Ed è corso (tardivamente) ai ripari. Un paio di anni fa, per sostenere il reddito degli agricoltori, Pechino ha introdotto un prezzo minimo garantito sulle consegne della soia agli ammassi pubblici.
Il provvedimento, però, si è presto rivelato inefficace. E, quel che è peggio, ha finito per creare un mercato intermedio controllato da un gruppo di affaristi che lucrano sulla pelle dei contadini.
«Dopo il raccolto - racconta una coppia di contadini - arrivano qui con i loro camion e ci offrono un prezzo inferiore a quello minimo fissato dalle autorità. Alla fine ci conviene vendere tutto e subito a loro, perché andando all'ammasso pubblico rischiamo di restare per giorni in attesa per poi non percepire neppure il prezzo minimo garantito». Per aggirare l'ammortizzatore amministrativo, i funzionari pubblici in combutta con gli agenti hanno escogitato un trucco: «Ci contestano sempre la qualità della nostra soia per costringerci a venderla sottocosto agli intermediari. Sono un pugno di bastardi corrotti».
«In futuro qui in campagna sarà sempre più difficile tirare a campare. Bisognerebbe provare a emigrare in una grande città. Ma anche lì è durissima: tutti gli amici che hanno tentato l'avventura dopo qualche mese sono ritornati al villaggio più poveri di prima», conclude con amarezza Wang Haichen.
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L'ingresso nella Wto
La Cina ha fatto il suo ingresso nell'Organizzazione mondiale del commercio l'11 dicembre 2001. Un traguardo accolto con grande sollievo in Occidente perché obbligava Pechino ad adeguarsi agli standard internazionali.
Le vittime
Il settore della soia cinese, concentrato nella Manciuria, ha sofferto per l'apertura al commercio internazionale a causa del crollo del prezzo della materia prima. I c ontadini si sono impoveriti e denunciano l'ingresso nella Wto

03/07/2009
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