Pechino, 12 nov. - In Cina si torna a parlare, molto prudentemente, di un possibile apprezzamento dello yuan: nel suo rapporto sul terzo trimestre 2009, pubblicato mercoledì, la Banca centrale cinese abbandona le parole d'ordine standard dell'ultimo anno e mezzo sulla necessità di mantenere il renminbi "ragionevolmente stabile" e lascia trasparire l'intenzione di staccarsi dall'ancoraggio al dollaro che, di fatto, ha contraddistinto gli ultimi 18 mesi. "Miglioreremo il meccanismo di formazione del tasso di cambio dello yuan in riferimento ai flussi di capitale e ai cambiamenti in corso tra le più importanti valute del mondo – si legge nelle 46 pagine del dossier – seguendo comunque un approccio graduale e controllabile". Nonostante il linguaggio estremamente circospetto adottato dalla People's Bank of China, la mossa avrebbe valenze tanto politiche che economiche e godrebbe del favore di molti, dai numerosi paesi asiatici che negli ultimi mesi hanno accusato sempre più la concorrenza dei bassi prezzi cinesi nelle esportazioni verso gli USA; all'Europa, che avrebbe parecchio da beneficiare da uno yuan effettivamente ancorato a un paniere di valute anziché al solo dollaro. Lo yuan/renminbi è una moneta non convertibile ritenuta sottostimata da molti, Usa e Ue in primis: nel 2005, quando il tradizionale ancoraggio al dollaro venne sospeso per fare posto a un tasso di cambio vincolato alle fluttuazioni di un paniere di divise internazionali (tra cui euro e yen giapponese), la valuta cinese si apprezzò progressivamente di circa il 20% sul biglietto verde; un processo interrotto nel maggio 2007, alle prime avvisaglie della crisi globale, quando Pechino frenò la rivalutazione per proteggere le esportazioni cinesi, riducendo il collegamento con il paniere di valute e, di fatto, ancorando di nuovo la sua moneta a quella statunitense. Da allora, lo yuan è stato un gemello siamese che ha seguito come un'ombra gli abbassamenti del dollaro. Il rapporto della Banca centrale lascia trasparire un ruolo maggiore delle altre monete all'interno del paniere, e giunge qualche ora dopo i dati favorevoli sulla produzione industriale cinese (+16.1% nel mese di ottobre) e qualche giorno prima la visita del presidente americano Barack Obama, che aveva lasciato intuire come l'apprezzamento dello yuan sarebbe stato uno degli argomenti all'ordine del giorno nei suoi incontri con la leadership cinese. Ma un'eventuale rivalutazione avrebbe anche un impatto diretto su un'economia ancora dipendente dalle esportazioni, aprendo le porte ad alcuni dei pericoli che la Cina teme maggiormente, tra cui l'instabilità sociale causata dalla disoccupazione e le minori entrate derivanti dalle imposte nelle casse dallo stato. La strada verso l'apprezzamento dello yuan, quindi, nonostante gli annunci, è ancora tutta da percorrere.