Di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 14 ott. - Crescita sostenibile, riforma dei giganti statali, inclusione delle fasce più deboli nel nuovo corso economico e protezione ambientale. Attorno a questi quattro cardini si muoveranno le decisioni che i leader cinesi dovranno prendere nei prossimi giorni durante il quinto plenum del Pcc, tra il 26 e il 29 ottobre. Il meeting a porte chiuse degli alti dirigenti politici di Pechino si focalizzerà soprattutto sugli obiettivi del tredicesimo piano quinquennale, che coprirà gli anni tra il 2016 e il 2020. Nella struttura, il nuovo piano quinquennale non sarà diverso dal precedente, che aveva 24 obiettivi principali, la metà dei quali vincolanti: a cambiare saranno, invece, gli obiettivi di crescita della Cina.
Mentre fatica a raggiungere il 7% entro fine anno, Pechino dovrà fare i conti con un rallentamento dell'economia difficilmente reversibile. Oltre agli istituti internazionali, nei mesi scorsi, anche la stessa Accademia delle Scienze Sociali cinese - il maggiore think tank a livello nazionale - rivedeva al ribasso, seppure di poco, le stime di crescita per il 2015. Nel periodo compreso tra il il 2011 e il 2015, quello del dodicesimo piano quinquennale, la crescita si avvicina, invece, all'8% di media annuo, secondo i dati dell'Ufficio Nazionale di Statistica cinese diffusi martedì. Nei prossimi anni, però, gli esperti concordano su un rallentamento che potrebbe portare Pechino intorno al 6,5% in media di crescita annua, o addirittura inferiore: la stessa Accademia delle Scienze Sociali non si schioda da una forbice compresa tra il 6% e il 6,5% per la crescita nei prossimi cinque anni.
Il dato numerico non viene più visto come un totem dalla classe dirigente, oggi, e l'attenzione è invece concentrata sulle riforme.
La Cina punta a diventare un'economia ad alto reddito e a includere un numero di cittadini sempre più ampio nel proprio ceto medio, oggi il più vasto del mondo, numericamente superiore a quello statunitense, secondo l'ultimo Global Wealth Report di Credit Suisse. Il percorso non è privo di ostacoli. All'orizzonte, c'è il pericolo della trappola del Paese a reddito medio, quindi un periodo di stagnazione dopo i decenni di crescita a due cifre. Il governo punta al rimodellamento dell'economia interna per una crescita trainata sui consumi interni, a livelli non ancora paragonabili a quelli occidentali. Il percorso non sarà breve, né agevole: la Cina, secondo molti esperti è a rischio deflazione e gli ultimi dati pubblicati oggi danno una crescita dell'inflazione all'1,6% a settembre, in calo rispetto al 2% di agosto.
Per una crescita sostenibile, un ruolo centrale lo avrà la riforma delle imprese di Stato, una delle più importanti in cantiere. La riforma è già oggetto di una guideline del governo emessa a settembre scorso che mira a renderle più competitive e più utili nel servizio ai cittadini. Il nuovo impianto non risponderebbe, però, ad alcuni interrogativi sul nuovo assetto delle imprese di Stato: in particolare, secondo gli analisti, non viene spiegato come si intende migliorare la struttura di governance, oggi legata a doppio filo alla politica, e come verrà risolto il problema delle "zombie companies", le industrie statali praticamente improduttive. I dubbi sull'effettivo interesse del governo nel riformare le imprese di Stato e aprire il mercato ai gruppi privati, oggi penalizzati nell'accesso al credito rispetto ai concorrenti statali, sono arrivati il mese scorso, dopo che il primo ministro cinese, Li Keqiang, aveva sottolineato l'importanza di rafforzare le Soe (State-owned Enterprises) tramite processi di fusioni e acquisizioni, per ridurle di numero, senza intervenire direttamente sugli apparati ormai non più produttivi.
Le zombie companies pesano sui bilanci delle aziende di Stato e da Pechino è attesa una scelta forte. In totale, i gruppi statali cinesi hanno bond in scadenza entro fine anno per 5570 miliardi di yuan, una cifra equivalente a 1250 miliardi di dollari, il triplo di quanto dovevano restituire tre anni fa. Il modello non è più sostenibile e per gli analisti l'unica scelta è quella di lasciare al loro destino gli apparati obsoleti. "Ha senso lasciare che le Zombie companies vadano in bancarotta - ha dichiarato ai microfoni dell'agenzia Bloomberg Tommy Xie, analista presso Overseas Chinese Banking a Singapore - Manderebbe un segnale forte che il governo fa sul serio nella riforma delle imprese di Stato". Il rischio per la Cina è molto alto: un mancato intervento riformista forte nei giorni del plenum potrebbe costare punti di prodotto interno lordo a breve. In assenza di riforme, già nel 2017, secondo gli analisti di Anz la crescita potrebbe scendere tra il 3% e il 4%, uno scenario molto peggiore anche della revisione al ribasso delle stime di crescita operata dai grandi organismi internazionali e accettata anche a Pechino.
Chi partecipa
Il quinto plenum, che si terrà a Pechino, vedrà riuniti i membri del Comitato Centrale del Partito, l'organo decisionale allargato a 205 membri che comprende i membri del Comitato Permanente del Politburo, l'organo decisionale di più alto livello dove siedono i sette leader più importanti a livello nazionale: Xi Jinping, segretario generale del Pcc, Li Keqiang, primo ministro, Zhang Dejiang, presidente dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, Yu Zhengsheng, presidente della Conferenza Consultiva Politica del Popolo, l'organo consultivo della Anp, Liu Yunshan, presidente della Scuola centrale del Partito, Wang Qishan, presidente della Commissione Disciplinare, e Zhang Gaoli, vice primo ministro esecutivo.
Nella scala gerarchica, al di sotto dei sette leader del Comitato Permanente si trovano i membri del Politburo, l'Ufficio Politico del Partito Comunista Cinese, che conta 25 membri, sette dei quali a loro volta membri del Comitato Permanente. Tra questi ci sono il vice presidente della Repubblica Popolare Cinese, Li Yuanchao, i vice premier, Ma Kai e Wang Yang, e i segretari di partito delle maggiori province e municipalità, tra cui Han Zheng, di Shanghai, Sun Zhengcai, di Chongqing, Hu Chunhua, del Guangdong e Li Zhanshu, direttore dell'ufficio generale del Comitato Centrale del Pcc, recentemente salito agli onori delle cronache americane come consigliere politico di Xi Jinping, durante il viaggio negli Stati Uniti del presidente cinese, il mese scorso: il Wall Street Journal lo ha paragonato, per la vicinanza con Xi e il ruolo che occupa a quello del capo dello staff della Casa Bianca.
Il plenum di quest'anno si concentrerà sulla strategia di sviluppo della Cina. I leader discuteranno del tredicesimo piano quinquennale, che sarà approvato nel marzo del prossimo anno dall'Assemblea Nazionale del Popolo. Oltre agli aspetti economici, il meeting a porte chiuse dei dirigenti politici cinesi servirà anche per discutere di questioni disciplinari. La campagna contro la corruzione ormai giunta al termine del terzo anno, ha finora portato davanti ai giudici circa cento funzionari di livello ministeriale e proprio in questi giorni celebra i processi a nomi di alto profilo della politica cinese, fino a pochi anni fa generalmente considerati intoccabili: lunedì scorso è stato condannato a sedici anni di carcere per corruzione e abuso di potere Jiang Jiemin, ex dirigente del greggio ed ex presidente della Sasac, la commissione governativa di vigilanza sugli asset statali. Oggi è il turno di un altro ex uomo forte di Pechino, Li Dongsheng, fino al 2013 vice ministro della Pubblica Sicurezza, che deve rispondere di tangenti per 22 milioni di yuan, pari a 3,47 milioni di dollari.
14 OTTOBRE 2015
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