Verde, bello e possibile
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Verde, bello e possibile

Verde, bello e possibile

Scenari. Al G-20 di giovedì a Londra per la prima volta c'è all'ordine del giorno la crescita sostenibile
di lettura
di Marco Magrini
Gordon Brown, il padrone di casa, vorrebbe tanto un vertice capace di entrare nella leggenda. La riunione dei Venti Grandi che si apre dopodomani a Londra, nel bel mezzo di un crocevia storico senza precedenti, punta nientepopodimeno che a ristabilire i mercati finanziari, a riformare il sistema economico e – come si legge nel sito ufficiale del vertice – a «indirizzare l'economia globale verso la crescita sostenibile».
L'idea di sostenibilità, nata nelle fila ambientaliste e a lungo declassata al rango di utopia, è finalmente sdoganata dalla diplomazia internazionale. Nell'ambiziosa agenda sostenibile del G-20 di Londra c'è scritto (riassumendo un po') che «i leader del mondo dovranno prevenire il protezionismo; riconfermare gli impegni presi con il Millennium project e fornire assistenza ai Paesi poveri; avviare una ripresa economica low carbon», a bassa intensità di carbonio.
In altre parole, cominciare a deviare il sistema energetico globale dai combustibili fossili alle sorgenti rinnovabili, unico modo per scongiurare i rischi climatici connessi con l'aggiunta di anidride carbonica nell'atmosfera. E il tutto, senza danneggiare l'economia. Anzi, stimolandone la crescita.
Nel 1987, la Commissione Brundtland – in realtà la Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'Onu, comunemente ricordata col nome della sua presidente – cercò di definire il concetto di sviluppo sostenibile. È lo sviluppo che «soddisfa i bisogni del presente, senza compromettere la capacità delle future generazioni di fare altrettanto». Quanto basta per capire che oggi siamo ben lontani dai canoni della sostenibilità.
Dunque i propositi del primo ministro britannico – in un vertice dove siedono gli interessi mai troppo coincidenti del G-7 e della Cina, dell'Arabia Saudita o dell'Argentina – sono una riedizione della vecchia utopia? «In Europa abbiamo concordato un pacchetto di misure ambientali – ha detto Brown durante una lunga intervista con il Brookings Institute – sappiamo che gli Usa hanno interesse nel fare altrettanto e, dai miei colloqui col premier Wen, so che anche la Cina vuol far parte di un accordo che ci assicuri per davvero un futuro a bassa intensità di carbonio».
Finora, non era mai successo che Europa, Stati Uniti e Cina concordassero sull'allarme climatico lanciato dalla comunità scientifica e, viste le inedite circostanze, anche sul l'insostenibilità dell'attuale modello economico e finanziario. Ma non solo. Non era mai successo neppure che convenissero sulle opportunità, e non i costi, di un'economia low carbon. Una fetta consistente del maxi-pacchetto di stimoli varato dall'amministrazione Obama è destinato alle energie rinnovabili, con l'idea di creare 5 milioni di posti di lavoro. Il piano inglese è simile. E nessuno come la Cina sta investendo per ridurre l'intensità di carbonio della propria economia.
L'efficienza delle energie senza carbonio sta crescendo velocemente con lo sviluppo tecnologico: a detta degli esperti, ad esempio, fra cinque anni il fotovoltaico raggiungerà la grid parity, ovvero sarà conveniente come le centrali a carbone. Ma non si può neppure immaginare cosa succederebbe se la politica liberasse veramente le ali della scienza, incoraggiandola a correre ancora di più.
A Londra però, i Venti potranno al massimo fare una dichiarazione di principio: le trattative climatiche per il dopo-Kyoto sono fissate a dicembre, a Copenhagen.
Certo, se si sommano i tre propositi di Brown – riformare il sistema energetico, tenere alla larga il protezionismo che danneggerebbe il commercio e rispettare gli obblighi del Millennium Project – sembrerebbe impossibile che i Venti possano decidere così tanto in così poco tempo.
Ma la verità è che la crescita sostenibile è tanto bella quanto possibile e che i leader del mondo – se non tutti, molti – paiono esserne consapevoli. Il blog del vertice (ospitato nel sito www.londonsummit.gov.uk) assicura che, fra le fila del G20, si respira un'aria da «grande convergenza». Poi, chissà.
Gordon Brown ne sarebbe felice. Figurarsi il Pianeta.

31/03/2009
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