Venezia, 6 set. - "The Ditch", debutto nella fiction del documentarista cinese Wang Bing, è il "film a sorpresa" della 67ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia. E' la storia di un "gulag" cinese nel Deserto dei Gobi negli anni Cinquanta, dove migliaia e migliaia di dissidenti venivano costretti a sopportare condizioni disumane. Un film scomodo, prodotto grazie a capitali europei e, a quanto pare, addirittura girato in "clandestinità" per molti anni: "Ho iniziato a lavorarci nel 2004 e ho finito le riprese solamente nel marzo del 2010 - spiega il regista -. La prima difficoltà è stata quella di ricreare un periodo storico in modo veritiero, fornire una realtà storica nonostante il fatto che non fossi ancora nato in quegli anni. Il secondo problema - aggiunge - è stato rappresentato dai finanziamenti, che ho raccolto grazie al coinvolgimento di società francesi e belghe. Infine, non e' stato facile girare nel Deserto dei Gobi, un luogo assolutamente inospitale". Lavorando con un mix di attori professionisti e gente di strada, Wang Bing ha creato uno strano ibrido tra finzione e documentario "anche perché ormai non c'è troppa differenza tra i due generi".
Il regista non teme la censura di Pechino. "Non mi importa se il film non verrà distribuito in Cina, questo non è un film di protesta o di denuncia, bensì un film costruttivo, creato per cercare di ricordare, e per restituire uguaglianza e dignità - dice -. La cosa più importante è che esista e venga diffuso. Sono felice di essere in concorso a Venezia, e per di più di essere il 'film sorpresa', e di questo sono grato a Marco Muller e a Marie-Pierre Duhamel che l'ha voluto e selezionato per la Mostra. Credo - conclude – che sia importante riflettere sul passato della società cinese, sul senso della nostra storia. Raccontare le sofferenze di un popolo, non può fare che bene al suo futuro, e far riflettere sul suo destino".
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