Venezia, 4 set. - E' una splendida eroina quella che ci regalano il Leone d'Oro alla carriera della 67° Mostra internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, John Woo, e il suo erede Chao-Bin Su, nel film "Jianyu – Il regno degli assassini", applaudito ieri sera dal pubblico della Sala Grande del Palazzo del Cinema, subito dopo la trionfale consegna dell'ambitissima statuetta a Woo, "cineasta di Hong Kong, della Cina continentale, americano: cineasta del mondo", come lo ha definito Marco Muller, direttore del settore Cinema della Biennale di Venezia.
Protagonista di questa favola ambientata nella Cina del V secolo, ricca di duelli e magie, è la guerriera-donna-sposa Drizzle/Zeng Jing, interpretata da Michelle Yeoh, la regina del film d'azione asiatico, un'eroina che stravolge praticamente tutti i canoni del cinema occidentale dei nostri tempi. In primo luogo, a differenza delle "donne-vittime" che troppo spesso ci propongono i film occidentali, Drizzle/Zeng Jing è una donna fortissima: indimenticabili le scene di arti marziali (di genere wuxia), in cui arriva a sconfiggere quattro uomini. Inoltre, pur essendo bellissima, per sfuggire ai suoi compagni della banda della Pietra Nera, non esita a farsi "invecchiare e abbruttire" il volto da un medico (le inserisce strani batteri nel naso che le modificherebbero gli zigomi mordendone le ossa): in realtà resta sempre bellissima, ma il messaggio è chiaro. Da grande eroina orientale, Drizzle/Zeng Jing è ricca di spiritualità, al punto di abbandonare le armi e ritirarsi a una vita "normale", dove incontra Jiang Ah-Sheng (Jung Woo-Sung) un "uomo normale" e gli chiede di sposarla.
Ecco un altro stravolgimento di canoni, se ne contano a bizzeffe: straordinaria per esempio la scena in cui la giovane guerriera Torquoise (Barbie Hsu), per soppiantare Drizzle/Zeng Jing nel ruolo di regina delle arti marziali, decide di sedurne il marito: ma Jiang Ah-Sheng ironizza su quella bellezza che trova nuda nel letto, avvolta solo da un drappo di damasco rosso, e le dà della pazza, costringendola a fuggire piena di vergogna. Tra i due sposi é infatti fiorito un vero grande amore, fatto di cose semplici. La situazione si capovolge quando i componenti della setta della Pietra Nera – che sono alla ricerca delle spoglie di un mistico che era venuto dall'India, spoglie che avrebbero magici poteri di guarigione – rintracciano la vecchia compagna e infine riescono a metterla fuori gioco. E' allora che, come in "Mr. And Mrs. Smith", si scopre che il "marito normale" è in realtà il figlio di un ministro ucciso dalla banda e un maestro di arti marziali. Non è questa l'unica citazione contenuta nell'epico thriller, in cui la suspense si respira dal primo all'ultimo minuto: c'è, per esempio, la fialetta di veleno che in realtà fa solo dormire, come quello che Shakespeare fa bere a Giulietta ("Romeo and Juliet"). Ma il Leone cinese e il suo erede sono più clementi del Bardo inglese. "Andiamo a casa a preparare le carte del divorzio" dice lei dopo l'ultimo combattimento. "Non dire sciocchezze – risponde lui –. Abbiamo tutta la vita davanti a noi".
Una scelta probabilmente dettata dal fatto che, come ha spiegato il co-regista Chao-Bin Su, "durante le riprese ho visto il mondo della mia fantasia prendere vita di giorno in giorno. Mi piace immaginare come proseguirà la storia da qui in poi, pensare che tutti questi personaggi abbiano una casa in cui potranno vivere per sempre". E questo è qualcosa che da sempre piace al pubblico. "La protagonista è una combattente fortissima ma anche una donna delicata, che si preoccupa degli altri e vuol vederli sorridere. La sua interpretazione dell'eroismo è molto diversa da quella che ci hanno offerto tanti personaggi dei film di kung fu" ha sottolineato John Woo (che di "Jianyu – Il regno degli assassini" ha curato soprattutto la fase del montaggio) nella conferenza stampa che ha preceduto la proiezione per il pubblico.
Ma si deve soprattutto alla presenza nel cast della bellissima Michelle Yeoh, diva delle arti marziali ed elegante femme fatale, se questo che Woo definisce "un film di cappa e spada, ma con profondi significati filosofici" ha una protagonista femminile. "Scrivendo questo film - ha raccontato Chao-Bin Su - pensavo di assegnare il ruolo dell'eroe ad un uomo perché nei film di cappa spada del passato gli eroi erano quasi sempre uomini. Quando ho saputo che avrei potuto collaborare per questo film con Michelle Yeoh, conoscendo la sua abilità nelle arti marziali ho pensato di rendere lei protagonista: volevo scoprire come un'eroina reagirebbe davanti alle difficoltà. Essendo io un uomo, ho discusso con Michelle molto di questo, e così sono nate molte scene".
"Erano quasi vent'anni che parlavamo di fare un film assieme, io, il produttore Terence Chang, John Woo e Chao-Bin Su – ha rivelato Michelle Yeoh –. E' stata un'esperienza straordinaria: abbiamo fatto moltissime riunioni per la sceneggiatura, parlando dei personaggi, di come arrivavano a certe scelte, di cosa c'era dietro. Il mio personaggio a volte è anche dark, arriva a essere estremamente buio: è importante per una attrice fare dei passaggi così forti". E poi, guardando l'attore che interpreta il marito/grande amore Jiang Ah-Sheng, la superstar coreana Jung Woo-Sung, Michelle Yeoh ha aggiunto: "Lui è bellissimo: girare scene d'amore con lui è stato quasi un sogno, la lingua non era una barriera".
"Nessun uomo avrebbe problemi a girare scene d'amore con Michelle, viste la sua bellezza e il suo fascino – ha ribattuto Jung Woo-Sung –. Anche se non conoscevo nessuno della troupe, dal primo ciack è stato come lavorare con amici di lunga data. Questo film per me è stato una grandissima esperienza attraverso diverse culture: ho lavorato con cinesi, con coreani e con registi che hanno lavorato nel cinema occidentale. Ogni scena di lotta è stata provata infinite volte, curata nei minimi particolari, ma non volevamo aggiungere elementi che falsificassero troppo il genere cappa e spada, per esempio con scene di acrobazie esagerate. Abbiamo voluto che fosse un film poetico e che evocasse un tempo antico, una delle tante storie di cui è ricca la cultura cinese e che l'occidente non conosce" ha affermato infine Woo, che ha dedicato questo film "a mia moglie, alla mia famiglia e a mia madre, la prima persona che mi ha portato al cinema e mi ha incoraggiato a scrivere per il cinema. Faccio come mi ha insegnato mia madre che mi ha sempre detto 'se credi veramente in qualcosa, segui quel sogno, datti da fare: vai dovunque vuoi andare'. Per il Leone d'Oro alla carriera che ricevo a Venezia, e di cui mi sento tanto onorato, ringrazio la Biennale, Marco Muller perché senza il suo amore per il cinema cinese non sarei qui, e tutti i miei complici. Vi assicuro, continuerò il combattimento: non mi fermo qui".
di Maristella Tagliaferro
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